martedì 4 marzo 2014

Ma che bellissima. Ma che bellezza.

Solitamente l'argomento del giorno è quello che cerco di evitare. Non mi va di seguire la lunga scia di opinioni e buttare nel mucchio cose che sono state dette e sviscerate in tutti i modi possibili e immaginabili.
Solitamente.
Questa volta però faccio come i salmoni: vado controcorrente. Anche a rischio di fare la fine degli esemplari che vivono nelle grosse vasche degli allevamenti privati, che sguazzano in un liquame appartenuto ai loro predecessori e non solo agli attuali compagni di pinna.
Ho visto La Grande Bellezza pochi giorni dopo l'uscita nelle sale, per cui 2013. Parecchio tempo fa.
Non ne ho un ricordo così nitido da poter citarne le battute e ripercorrere con la mente tutte le sequenze del film. E non ho nemmeno la capacità e la conoscenza 'tecnica' necessaria per poterne fare una recensione che possa a tutti gli effetti definirsi tale.
Perfetto: pesce d'allevamento.
Non proprio.
Datemi un'opportunità. Sarò breve.
Non appena uscito dalla sala cominciai a farmi parecchie domande. A discuterne con gli amici seduti accanto a me. Via messaggio con quelli che l'avevano visto e con quelli che ancora dovevano vederlo ma 'già sapevano che...'.
Credo che già soltanto per questo il regista abbia fatto un lavoro più che apprezzabile: far discutere. Dare continui spunti di riflessione.
Prima. Durante. Dopo.
Quanti film vi permettono di prolungare così in là nel tempo una discussione? Quanti sono stati quelli che, nell'ultimo periodo, vi hanno dato così tante opinioni differenti?
Diverse non solo nel contenuto, ma anche nei toni, nella sostanza, nella maniera in cui questi punti di vista sono stati esposti.
Sicuramente è un film studiato per arrivare lì dove è arrivato, ovvero nel cuore dell'America che conta e che premia.
E su questo non ci sono dubbi.
Perché denigrarlo? Perché racconta di feste che 'ma chi ci va?/e quando mai?/si, magari na vorta...'?
Perché i personaggi sono surreali? Poco credibili? Perché quella Roma lì non è quella che si vive tutti i giorni?
Il cinema racconta storie. E ognuno le racconta a modo suo. E in questo caso l'eccessivo involucro narrativo, a mio avviso, avvolge perfettamente la piccola gemma grezza che è il nostro tempo.
Così sporco. Così viscido. All'apparenza di nessun valore, quasi uno scarto.
Ma in quanto grezzo è un qualcosa che va...valorizzato. Lavorato. Accuratamente e con il tempo che un lavoro di estrema precisione richiede.
Noi siamo quella cosa lì: quel troppo, quel ridicolo, quel 'wannabe' che quotidianamente ci accompagna e a cui ci attacchiamo disperatamente per evitare di passare inosservati.
Siamo Facebook, siamo il Grande Fratello, siamo migliaia di blog di esperti/opinionisti che intasano le linee d'aria della comunicazione in attesa di essere messi in evidenza e considerati. Siamo ballerine decadute, scrittori falliti che ancora non si arrendono, vecchi playboy che vivono di rendita.
Questo siamo.
E Sorrentino così ci ha rappresentati. Ha solo utilizzato una carta diversa per il pacco regalo da destinare all'Accademy.
Roma è Roma. Non quella paracula, di Allen. E nemmeno quella degli alluvioni e dei disastri dei recenti Tg.
Se vi capita di andare in giro la sera o la mattina presto...è proprio quella Roma che potete vedere con i vostri occhi. Quella che il regista ha portato a casa nostra. Così com'è.
Quell'alba lungo il Tevere la può vedere chiunque, intorno alle 6 del mattino, in una qualsiasi bella giornata d'estate o di primavera. E il Colosseo, dalla salita di Colle Oppio in una calda sera d'estate, ha proprio quell'aspetto. E non serve scomodare la dolce vita.
Penso a questo film come ad un appello: "Italiani! La situazione è pessima. Siamo decaduti. Sotto ogni punto di  vista. Ma guardate cos'abbiamo. Nonostante tutto. E ancora per poco. Ma è qui, per noi. Possiamo ancora fare qualcosa. L'alternativa al fare...è questo".
Tutto qui.
E per quanto abbia trovato meravigliosa la prima parte e meno interessante la seconda, eccetto la sequenza finale, ringrazio davvero Sorrentino per averci dato modo di poter parlare. Di averci dato un valido e interessante motivo per confrontare idee e opinioni differenti.
Pensate a quant'è raro sentire parlare di cinema, di arte, di attori, di cultura...E in questi giorni se ne parla ovunque: nei bar, a scuola, in ufficio, a casa. Davvero ovunque.
Siamo abituati alle chiacchiere sul calcio, sui talent, sui reality, sulla crisi e poco più.
E ora ci hanno dato un'alternativa a questa grande bellezza.
Io ne approfitterei.



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