venerdì 27 settembre 2013

La mia parte intollerante

Ci sono delle notizie che m'impongo di non approfondire.
Lo faccio per il semplice fatto che si tratta di 'boutade' il cui chiaro intento è quello di far parlare di sé il più possibile. Tutto qui.
Ed essendo il mondo dei media e dei social bisognoso di continue cose di cui parlare, ogni stronzata abbellita, impacchettata e spacciata per 'dichiarazione ufficiale' diventa la portata principale della giornata.
Il mio ragionamento è molto semplice.
Vuoi che il Signor Barilla, proprietario di una multinazionale che da decenni fattura miliardi in tutto il mondo, non sappia ciò che dice? Una persona di cui raramente si è sentito parlare se non, appunto, per la pasta? Pensate che sia una dichiarazione sbagliata, quella da lui rilasciata, che si sia confuso, che abbia fatto una gaffe?
Non credo proprio.
In un periodo di crisi, dove la gente non spende se non per indebitarsi acquistando Iphone, Ipad e tecnologia varia...quanto è importante la pubblicità?
Buona o cattiva che sia?
La Barilla negli ultimi anni ha passato periodi poco felici, soprattutto quando circolarono le voci di ingredienti geneticamente modificati utilizzati per la produzione dei loro prodotti.
Come attirare l'attenzione su di sé, o meglio, sul proprio prodotto dopo un down commerciale?
Appunto.
E non importa che la gente s'incazzi, perché tanto con una dichiarazione successiva in cui ci si scusa, con un nuovo spot 'ad hoc' e con qualche parodia su YouTube tutto tornerà come prima, anzi...meglio.
Perché nel frattempo il marchio ha fatto il giro del mondo, la gente non ha parlato d'altro, al supermercato le persone avranno fatto caso (magari non acquistato, ma notato maggiormente si) solo alla sua pasta.
Una pubblicità su scala mondiale fatta con...un'intervista? Quindi gratis.
Un genio.
Se poi si considera il bigottismo di certe persone allora il gioco è fatto.
Ikea realizzò, qualche tempo fa, uno spot dove dichiarava che la sua concezione di famiglia prevedeva un concetto più ampio di quello 'classico'.
Perfetto. Gran cosa. Giustissimo. Ma una scelta personale.
Se fossi stato ultra cattolico e conservatore avrei dovuto boicottare Ikea? Avrei dovuto realizzare una campagna mediatica devastante atta a screditare il marchio perché la famiglia è etero e non gay?
Giovanardi.
Lui si che si scandalizzò.
E ho detto tutto.
Sicuramente si può discutere sulla scelta, ma non credo sia giusto andare oltre un giudizio puramente personale. Ognuno, delle sue cose, ne fa ciò che vuole.
Ripeto, può essere giusto o sbagliato, ma la libertà di decidere a chi indirizzare le proprie attenzioni non dev'essere criticata.
Altrimenti si rischia il classico razzismo al contrario.
Capirei se ci fosse il monopolio della pasta. Ma non c'è. Siamo liberi (oddio...).
Per cui liberi di decidere e di fare.
Tutto qui.
E poi a me che me ne frega, io la pasta non la mangio. Sono fortemente intollerante.
Al grano.
Maliziosi.




P.s.
Vi basta questo per farvi passare tutto.



mercoledì 25 settembre 2013

Mi ricordo una notte sotto una pioggia battente...

Che cosa è la musica?
Bella domanda di merda, eh?
Io lo so che cos'è la musica. Lo so benissimo. Ma non ve lo posso dire. Nel senso...
Potrei dirvelo, ma poi dovrei rispiegarvelo non appena dovesse cambiare la canzone in sottofondo. E poi di nuovo e di nuovo ancora.
Ah, la stessa cosa vale anche per voi.
Anche voi sapete che cosa è la musica, ma non potete dirmelo.
Non voglio fare il filosofo, sia ben chiaro. Chiedo. Mi domando.
A grandi linee potrei dirvi che la musica esprime 'in musica' ciò che noi non riusciamo a dire a parole.
Molto banalmente.
Magari non vogliamo dire nulla e ci basta ascoltare un ritornello per rilassarci o iniziare una passeggiata
Tutto e niente, ecco che cosa è.
Spesso tendiamo ad identificarci con un cantante, a far nostra una frase, a dire 'oh, ma sta parlando di me! quello sono io'.
Non so se sia questione di tempo, degli anni che si accumulano oppure per il fatto che i cantanti 'del momento' siano sempre più giovani di noi per cui difficilmente ci si può immedesimare, ma più vado avanti e più sento che questo vecchio feeling va coltivato con maggior cura perché rischia costantemente di sparire, se solo dimenticato anche per un attimo.
Non mi capitava da un sacco di tempo di emozionarmi, con tanto di pelle d'oca, per una canzone. Che poi, in questo caso, non è nemmeno (ancora) un singolo. Direi più...un'atmosfera.
Si tratta di un brano che ha parecchi anni, ormai, ed è stato reinterpretato di recente per la colonna sonora di un film: Inside Llewyn Davis, la storia del folksinger che, pare, abbia ispirato Bob Dylan.
A cantarla Marcus Mumford, leader dei Mumford & Sons.
Ora, la canzone è particolarmente intensa ma non sembra essere tutto questo capolavoro (per ora si può ascoltare a tratti nel trailer del film e in una versione live, su YouTube, registrata da qualche fan).
Eppure il mix tra immagini e suoni è una bomba che mi esplode dentro ogni volta.
Mi fido dei fratelli Coen, mi fido di Marcus e mi fido di me: sono impaziente.
Che poi i Mumford & Sons siano un finto gruppo folk, di finti contadini, con finti vestiti sgualciti e dalle finte vite rurali...beh, questo è un altro discorso.
Io comunque resto in attesa.
Non dei M&S che, proprio oggi, hanno annunciato il ritiro dalle scene alla fine di questo tour.
Quattro anni. Due album. Tanti concerti. E stop.
Resto in attesa del film. Della canzone. Della storia.
Della bomba pronta ad esplodere.
Ogni volta.





martedì 24 settembre 2013

Vai avanti tu...

Ci sono dei posti dai quali non si vede l'ora di andare via.
A volte senza motivo. A volte all'improvviso. A volte dopo aver a lungo pensato a delle alternative possibili senza trovarne alcuna.
Non parlo solamente di luoghi realmente esistenti, magari racchiusi in quattro mura che si possono concretamente toccare con mano.
Un muro lo puoi scavalcare, lo puoi abbattere, ci puoi girare intorno.
Un ostacolo che 'non esiste' è, di per sé, insormontabile proprio perché non lo percepiamo, non ne conosciamo limiti e grandezza.
C'è sempre qualcosa da cui fuggire. E c'è sempre un motivo per farlo. I più coraggiosi non scappano. Affrontano il problema e lo risolvono. A prescindere. Affrontarlo è già una vittoria.
Anche se non credo si tratti di solo coraggio. Penso al cuore. Alla volontà. Alla passione. E perché no, all'amore.
E gli altri?
Beh, gli altri corrono. Camminano a passo svelto. Tentano di far perdere le proprie tracce.
E più ti giri, più sentii il predatore a ridosso. Più vai veloce più senti il suo fiato sul collo.
C'è chi fugge dalla famiglia, chi dai creditori. Altri dalle responsabilità. E dal proprio presente? Si. Capita.
Anche se quello che siamo oggi lo dobbiamo a ciò che fino a questo punto ci ha accompagnati.
Non so esattamente da cosa fuggo. Ma sento il mio passo rapido e incerto. Spesso guardo indietro e rallento. Questo è peggio del fermarsi e del voltarsi completamente verso ciò che abbiamo alle spalle.
Si, perché non si va avanti, ma nemmeno si aspetta: si barcolla. E come gli ubriachi, a forza di barcollare si cade a terra. Rovinosamente. In attesa di qualcuno che ci regga la testa o che ci raccolga come un pezzo di stoffa bagnato e ci riporti a casa.
Quando avanti non si può andare allora è meglio fermarsi. Immediatamente anche i passi che sentiamo provenire da dietro si fermano. Si fanno più radi. Lenti. Ma diretti verso di noi. Eccoli che arrivano.
D'accordo.
Respiro.
Chiudo gli occhi.
Li riapro.
Mi giro.
E adesso?



P.s.
Ogni pensiero sopra descritto è puramente.
Punto.

sabato 21 settembre 2013

A bassa capacità

Non so voi, ma ormai vedo sempre le cose da due punti di vista e il secondo è quello messo peggio.
Mi spiego.
Vi è già capitato che, durante una passeggiata o magari mentre state semplicemente camminando per strada, qualcuno si avvicini cercando di 'regalarvi' dei braccialetti?. "No, non ti preoccupare, è un regalo. Tieni, prendine quattro: uno per l'amore, l'altro per l'amicizia, il sesso e i soldi. Anzi, eccotene ancora uno. La salute, non si sa mai!".
E tutt'a un tratto vi ritrovate con il polso invaso da lacci colorati e una richiesta di contante da parte della persona che vi ha appena sequestrato il polso.
Ma non era un regalo?.
Ecco, il concetto è questo.
Ogni fatto, da quello più importante alla lite condominiale, diventa motivo di sospetto.
Berlusconi compra Balotelli? Campagna elettorale.
Obama e le armi chimiche? Devono 'spendere' le armi.
Clooney non si vuole fidanzare? Ah, ma allora è gay!.
Questo per portare qualche esempio immediato e parecchio esplicativo.
Ora, hanno effettuato decine e decine di studi, di tutti i tipi e di tutti i colori (politici) e il risultato è stato che la Tav in Val di Susa è un emerito spreco di denaro, tempo e salute.
Basta digitare su internet e migliaia d'informazioni verranno vomitate sui vostri schermi e suoi vostri occhi in modo che possiate farvene un'idea una volta per tutte (o una volta di più).
Conosco personalmente parecchie persone del luogo, le quali sono sicuramente più informate del 90% dei giornalisti che vi propinano la solita minestra su quanto, la linea ferroviaria in questione, sia un'opera fondamentale per le sorti dell'Italia.
Un paese come il nostro, indebitato e costantemente sull'orlo del collasso finanziario, gestito da una manica di affaristi tra(ns)vestiti da politici che hanno tutto l'interesse del (loro) mondo a far ristagnare economia e società nella melma in cui adesso giacciono, culturalmente in declino e con un sistema scolastico smembrato da riforme attuate da incompetenti, con un tasso di disoccupazione tra i più alti, con la malavita a gestire le nostre vite insieme a coloro i quali debbono combatterla (la malavita, meglio precisare)...non ha bisogno di un'opera inutile, dannosa e dispendiosa. O mi sbaglio?.
Meglio, non ne avrebbe bisogno se fossimo un popolo davvero civile, se 'loro' fossero davvero attenti alla nostra salute, ai nostri interessi, al nostro futuro.
Perché 'loro'?. Beh, perché non mi sento rappresentato. Affatto. Mi sento ostaggio. Ecco come mi sento.
Stanno inondando la Val di Susa di forze armate, cemento e criminalità. A scapito della tutela della salute, della giustizia, della salvaguardia dell'ambiente.
Non è strano? Non è strano che il dottore non sia un vero dottore e che per curare la malattia infetti ulteriormente il paziente già moribondo?.
A Torino le pattuglie in servizio la notte per le strade sono diminuite nettamente in quanto le forze dell'ordine sono state dirottate a contenere i manifestanti. Vi sembra normale?.
Si parla di Brigate Rosse ora. Ma chi ci crede?.
Tra poco tireranno fuori che anche Al Qaeda ha interessi sulla Torino-Lione e che Bin Laden abbia deciso di risorgere per progettare un attentato appositamente per quella linea d'alta velocità.
Abbiamo bisogno d'altro. E non sono i 'terroristi' o le nuove Brigate Rosse che lo dicono.
Sono le persone. Quelli che pagano quotidianamente sulla propria pelle il calare delle tenebre sul quello che era 'il paese del sole'.
Che qualcuno glielo dica.


http://www.notav.info/

giovedì 12 settembre 2013

Per mia (in) formazione.

Con un po' di ritardo e dopo un paio d'anni di pausa, quest'anno ritorno a fare il fantacalcio.
Non sono un appassionato e nemmeno un tifoso. O meglio, sono un tifoso atipico.
Una squadra 'del cuore' ce l'ho, ma l'ultima partita per intero vista alla tv è stata la finale di Champions League del 2010.
Dopo: il nulla. Come la mia squadra, praticamente.
Non andavo allo stadio dalla fine degli anni '90 e lo scorso campionato sono tornato a vedere una partita in mezzo alla bolgia dei tifosi: si, nella curva della squadra avversaria però. Che vi devo dire? Il prezzo economico e la disponibilità limitata dei biglietti forniscono, spesso, forti motivazioni in tal senso.
Ve l'ho detto, sono un tifoso atipico. E anche questa cosa del fantacalcio l'ho da sempre presa a modo mio.
Avrò partecipato ad una decina di fanta-competizioni e il mio miglior piazzamento credo sia stato un secondo posto, a culo. Poi sempre ultimo o giù di lì.
Ma non m'importa. Sapete perché?
Perché le cose importanti del fantacalcio sono fondamentalmente due:
Numero uno: avere una scusa in più per sentire gli amici.
Con il fatto della formazione, del mercato, delle classifica...ogni scusa fantacalcistica è buona per mandarsi anche solo un messaggio. Pensate sia poco? Affatto! Un motivo in più per scambiare due chiacchiere o per ritrovarsi val bene la rottura di scatole, per un anomalo ultrà come me, di (almeno) informarsi su chi ha segnato a chi e quando.
Numero due: il giornale del lunedì mattina.
Ovviamente i voti, i gol e i commenti sono una scusa bella e buona.
Scusa di che?
Ma per prendersi un po' di tempo. Il primo giorno della settimana iniziare al bar, con un té caldo (visto che andiamo verso l'inverno) e 5 minuti di tranquillità...la meraviglia.
La meraviglia se avete 85 anni e siete in pensione. O se siete vecchi dentro. Come il sottoscritto.
E poi abitando in una città dove 'la squadra non si discute ma si ama' è sempre meglio farsi trovare preparati per un'eventuale discussione da bar: tanto alla fine tra moduli, mister, classifiche e cannonieri...basta buttarla in caciara per sfangarla. E magari fare anche bella figura.
Non me ne vogliano i tifosi veri, gli attaccati alla maglia, i 'fedelissimi'...di più non posso. Non ce la faccio.
Non se lo meritano.
Non loro, i tifosi. Ma i pallonari. Quelli che mentre prendono a calci il sistema pallone prendono noi per il culo.
Quelli che si ammazzano fuori dallo stadio per un pretesto sportivo. Quelli che oltre ad avere i milioni ne vogliono far altri corrompendo e 'corrompendosi'. O quelli degli scudetti sul campo e i vestiti di bianco.
Dai, non è fattibile.
Viviamo in un paese pieno di contraddizioni. Enormi contraddizioni. E il calcio ne ha mascherate parecchie e per molti anni. Adesso (da un po' di tempo, a dir la verità) non riesce più a mascherare nemmeno sé stesso. Ma la gente ci crede lo stesso. Ardentemente. Oltre la soglia della razionalità.
Non fa per me.
Io scelgo i giocatori in base al nome. Alla simpatia. Ai tatuaggi o perché sono antipatici.
Lo prendo per quello che è: un gioco.
E se mi va di guardare una partita guardo il calcio inglese (si, sono banale, lo so). Non che lì con le scommesse siano messi meglio, ma almeno i tifosi cantano fino al novantesimo anche in caso di sconfitta.
E non si ammazzano più, una volta finita la partita. O prima.
Capita. Ma è un caso eccezionale. Non la norma. Come qui.
Non siamo sportivi nella vita, figuriamoci nello sport.
Ed è triste, triste essere arrivati al punto di riporre speranze e soddisfazioni nel risultato della domenica.
Siamo sempre lì a tifare per uno piuttosto che per un altro. Lui contro di me. Io contro di lui.
Giocare per sconfiggere. Non per vincere o partecipare. Per sconfiggere.
Ci specchiamo nel pallone riflettendo un'immagine collettiva misera, povera e bisognosa di ritrovarsi.
Al di là della singola partita. Non solo la domenica. O nei posticipi.
Se con la parola 'cinema' avesse inteso 'il semplice vivere', avrei appoggiato appieno l'uscita di un noto presidente-tifoso: "andate a fare in culo...torno a fare il cinema".
Torniamoci.
Eh?


P.S.
Balotelli ti prendo e ti tengo in panchina. Te lo dico.




Ah, se avete voglia leggete qualche articolo pallonaro del giornalista Oliviero Beha. Ne vale la pena.
Tra libri e articoli di giornale vi permette di farvi un'idea generale di cosa sia davvero il calcio. In Italia.


mercoledì 11 settembre 2013

E se un giorno, il 7 di Settembre...

Perché scrivo? Non sono un bravo comunicatore. Ecco perché.
Sono polemico. Spesso prolisso. Parlo veloce e mi mangio le parole. Difficilmente riesco ad intavolare discussioni con persone più 'agitate' di me nell'esporre il proprio pensiero; ho sempre paura d'interrompere, per cui mi capita spesso l'esatto opposto, ovvero l'essere interrotto (maledetti prepotenti).
O addirittura lascio che il fastidio dovuto alla mia difficoltà comunicativa prenda il sopravvento per cui evito di continuare la conversazione.
Ah, poi mi vengono in mente mille pensieri contemporaneamente e alla fine dico un terzo di quello che vorrei, lasciando la parte migliore del mio intervento alle due ore successive quando, rientrato in casa, mi siedo sul divano e penso 'perché non gliel'ho detto prima!!! perché?????'.
Ve l'ho già detto che non sono un bravo comunicatore?
Ci provo, a scrivere.
Provo a tenere aggiornato un blog che, puntualmente, frequento come si frequenta una ragazza di cui non si è innamorati ma per la quale si prova del semplice interesse. L'interesse da novità.
I primi giorni sono i migliori, ci si vede tutti i giorni e si vorrebbero vomitare parole su parole sentendosi in grado di parlare tranquillamente di tutto e tutti. Passata la sbornia iniziale le conversazioni rimangono, si, intense, ma meno frequenti; gli argomenti diventano più difficili da approfondire e il tempo speso nella ricerca delle (giuste) parole giuste fa passare ogni nuovo tentativo di conversazione.
E alla fine...ci si lascia per mancanza di argomenti. E d'interessi.
Capita. Anche se...
Anche se, devo ammetterlo, mi ci vorrebbe un po' di costanza in più. Quella che ho nello scrivere musica. O meglio, nel 'provare' a scrivere musica. Testi e accordi.
Preciso di non essere un musicista professionista per rispetto verso tutti colori i quali di questa professione ci vivono e professionisti lo sono davvero. Amen.
Nel mio tentativo di contribuire ad una musica migliore (esatto, ho scritto proprio così) spesso mi chiedo il motivo per il quale mi ritrovo a strimpellare la chitarra e a buttare giù pensieri e note.
Lo faccio per me. Lo faccio per dire in modo diverso, forse più semplice, cose che diversamente non saprei dire. Lo faccio perché mi piace l'idea che una mia canzone possa tenere compagnia a qualcuno durante una passeggiata. Che la si possa suonare tra amici. Lo faccio perché quella nota lì, suonata in quel modo da sottofondo a quella frase mi ha dato una sensazione meravigliosa. Mi ha fatto stare bene. Come una bella frase di un bel libro o una sequenza d'immagini con la sola musica in un bel film.
Lo faccio perché mi piacerebbe avere il coraggio di suonare (più spesso) dal vivo e condividere con le persone quello che mi passa per la testa. E per la pancia.  E, perché no, per il cuore.
Certo...anche per arrivare ad avere un singolo in classifica che mi permetta di vivere di rendita e fare la rockstar almeno per una settimana. Senza ipocrisie.
'E se la tua canzone diventasse una hit perché l'attorone l'ha postata sul suo Facebook?'. Si, va bene
'E le la tua canzone diventasse una hit perché sigla di un programma trash tra i più visti in tv?'. Mmmmhhh, ma si dai. Andrebbe bene.
'E se la tua canzone diventasse una hit perché inno di una generazione di sfigati depressi che fraintendono completamente il testo e le tue intenzioni?'. Beh, l'interpretazione è più o meno libera, per cui...andrebbe bene anche in questo caso.
'E se la tua canzone diventasse una hit perché, oltre ad essere un sincero atto d'amore verso qualcosa/qualcuno, capitata al momento giusto?'. Beh, molto bene direi.

E se quel momento, invece, fosse sbagliato?


martedì 10 settembre 2013

Oggi che cosa mi metto?

Ho la finestra aperta anche se piove.
Non piove fortissimo, quel tanto che basta per far si che qualche goccia entri e si poggi sul mobile posto al di sotto del davanzale. Le più coraggiose arrivano a toccare il pavimento.
Lo so che tra dieci minuti mi sarò dimenticato di questo atto 'ribelle' e, quando passerò a piedi nudi in quel lato della casa, imprecherò perché avrò rischiato un doppio carpiato all'indietro scivolando sulla piccola pozza formatasi sul pavimento.
A volte penso di somigliare a quella cassettiera: immobile ed in balia di azioni non convenzionali, diciamo così.
Io. Come tanti. Forse molti.
Delle volte rimaniamo in attesa; lasciamo che qualcuno lasci la finestra aperta esponendoci al clima del momento.
A volte può andare bene, può esserci il sole e non fare tanto caldo . Altre può piovere a dirotto o soffiare un vento forte che ci riempie di polvere e schifezze portate da chissà quale parte della città.
Tutto questo può avere una durata variabile: ore, giorni, settimane. Mesi, se siamo sfortunati. Anni, se nella vita precedente siamo stati scafisti, democristiani o accaniti ridaroli da bagaglino.
Siamo comunque delle cassettiere. Di legno.
E il legno, che sia o meno pregiato, alla lunga risente dell'incuria.
Ecco.
Anche le cassettiere patiscono (il termine soffrire credo sia un po' esagerato, anche se rende).
Bisogna smettere di sentirsi un mobilio, parte dell'arredamento, in preda agli umori del padrone di casa e a tutto ciò che ne consegue.
Si può smettere di essere cassettiera. Almeno, così dicono. Senza il bisogno di rivolgersi a qualche associazione particolare.
Basta alzarsi, scrollarsi di dosso le intemperie, aprire la porta e decidere cosa mettersi addosso per affrontare la giornata.
Dopo tutto...non siamo nemmeno alberi.