lunedì 28 ottobre 2013

Chi (ne) risponde?


Più passa il tempo più la nostra vita diventa 'su misura'.
(Rumore di acqua calda che scorre e urla di giubilo per la novità).
Ovviamente l'avrete già ampiamente notato: la Coca Cola con il nome tuo o quello della persona con la quale si vuole condividerla e la Nutella che ti conosce da sempre e per la quale rimarrai lo stesso di sempre.
Praticamente stanno dando ragione a mia madre quando mi dice "oh...non cambi mai"?
Vabbè.
Non bastavano le iniziali sul colletto/polsini della camicia o gli adesivi tamarrissimi che si attaccavano sul retro delle auto, a fine anni '90, che servivano ad identificare il proprietario della vettura o le prime lettere dei nomi dei due fidanzati?
Ecco, si, questi adesivi erano pessimi. Una cosa imbarazzante, a pensarci bene. E qualcuno ancora persiste eh? Fidatevi.
Lo fanno, lo fanno.
Comunque.
La distinzione tra prima e seconda classe, fumatori e non fumatori, uomini e donne non basta più; ora, l'esigenza predominante è quella del dover andare più in profondità nei distinguo, ancora più nello specifico.
A volte in maniera del tutto gratuita, giusto per dare alle persone un'illusoria sensazione di 'oh, lo fanno per me che sono diverso rispetto agli altri' e per diverso intendo 'migliore'.
E per 'migliore' intendo:
a) Pago di più.
b) Ho pagato tanto, troppo fino ad ora per cui ora posso scegliere (?)
c) Si mangia la stessa minestra ma chiamata con un nome differente
In altri casi, invece, la maggiore possibilità di scelta è dovuta a fattori prettamente fisici/etici.
Che so, penso ai menù per vegetariani, quelli per celiaci o per le persone intolleranti a più ingredienti. Ovviamente, in questi casi, ben venga la possibilità di non avere un'unica possibilità.
Ovviamente.
Ok, vado dritto al sodo.
A me piacerebbe si potesse creare un'area a parte per i rompicoglioni.
Scusate la volgarità ma almeno così evitiamo fraintendimenti.
Essendo costretto, quotidianamente, a stare a stretto contatto con una moltitudine di persone, questa categoria diventa, ai miei occhi, sempre più protagonista indesiderata delle mie giornate.
Nello specifico, in questo post mi riferisco ai cosiddetti 'cellularisti', un termine che non esiste ma che indica alla perfezioni di chi e cosa sto parlando.
La scheda tecnica del cellularista:
  1. Urla al telefono. Sempre e comunque. A qualsiasi ora del giorno e della notte. Qualunque sia l'argomento della conversazione. E per qualunque intendo davvero qualunque. Purtroppo.
  2. Possiede uno smartphone abbastanza recente.
  3. La suoneria è, solitamente, una hit del momento, un vecchio classico alla Radio Capital, o un effetto sonoro molto molto molto fastidioso.
  4. Molto fastidioso.
  5. A volte i telefoni sono più d'uno.
  6. Danno il meglio di sé nei luoghi chiusi.
  7. Maledetti.
  8. Parlano con cadenze dialettali molto marcate, sottolineate dal volume e dal colore dell'esposizione.
  9. Non necessitano di un lessico particolarmente forbito, a meno che non siano manager. Questi ultimi iniziano la conversazione con una terminologia tecnica molto precise e particolareggiata, per poi continuare e chiudere con fatti personali e giudizi di varia natura molto molto folkloristici.
  10. Molto folkloristici.

I cinema sono stati i primi a 'ghettizzre' i cellularisti. Per ovvi motivi. Questa sorta di 'razzismo' tecnologico non funziona spesso, purtroppo. Soprattutto nei multisala e il fine settimana.
Dev'essere una moda. Una tendenza. Un flash mob.
Ai concerti, invece, il cellularista può dare il meglio di sé, a meno che non si tratti di musica classica, opera o simili; in questi casi la recente tendenza, da parte degli artisti, d'interrompere l'esibizione (anche solo momentaneamente), pare essere un deterrente abbastanza efficace.
Ma i treni.
Ecco.
I treni.
La fantomatica 'area silenzio'.
Che meraviglia.
“Si prega di evitare conversazioni ad alta voce, telefonate, suonerie e musica. Grazie per la collaborazione e buon viaggio”.
Si!
Allora una cura c'è. Non ti obbligano. Ti consigliano. Che è già un bel passo avanti.
L'avviso in inglese non sempre viene letto dai viaggiatori stranieri, ma basta un cenno al capotreno per sistemare l'eventuale 'sforamento' della barriera del suono.
Essendo in prima classe, è facile trovare persone più collaborative in tal senso.
'Migliore'.
Ricordate?
Appunto.
Ma come i peggiori virus, anche il cellularista pare aver sviluppato una forma di autodifesa dalle avvertenze, dalle convenzioni, dal buon senso e dal quieto vivere.
Non ho idea di come si possa chiamare questo atteggiamento.
Cioè si, ce l'ho.
Ma non posso dirvi tutto io.



P.s. 
Spero fosse Equitalia! 


domenica 27 ottobre 2013

E damosela na mano no?

In linea di massima odio profondamente il concetto di "volemose bene".
Alla gente non frega nulla di te, almeno fino a quando il "te" non comprende anche il "io", trasformando la situazione in una questione di convenienza reciproca mascherata da 'altruismo che solo noi italiani nei momenti di difficoltà...' e blablabla.
Siamo un paese povero. 
Culturalmente siamo da terzo mondo; non per quello che possediamo (inutile elencare le nostre ricchezze) ma per quello che effettivamente sappiamo e quotidianamente facciamo per accrescere maggiormente il nostro sapere. 
Economicamente presto lo diventeremo, il terzo mondo. Manca poco. Nonostante manovre, manovrine, appelli e presunti salvataggi da parte di una classe politica che, se da una parte proclama un continuo impegno istituzionale al fine di risolvere la questione Italia, dall'altra continua tranquillamente a sguazzare nei privilegi e nell'ignoranza di coloro i quali governano ma dai quali non sono personalmente scelti. 
Così, giusto per ricordarvelo. 

Sono nato a Torino. Ci ho vissuto, a Torino. Amo questa città. Torno appena posso. Amo i suoi colori, le sue temperature, le sue vie dritte, i suoi parchi, il suo 'storico' centro storico, il Po, la collina, le montagne, la cioccolata...che faccio, continuo?
Negli ultimi anni chiunque capiti da queste parti se ne innamora. Follemente. 
Come non essere d'accordo? 
'Eh...dopo le Olimpiadi...'...vero. Ma non è tutto oro (tantomeno olimpico) quello che luccica. 
I problemi della città sono tanti. Molteplici.
Ad esempio: i tagli alla sanità, i trasporti, l'inquinamento, i murazzi chiusi, la movida (violenta). Ad esempio. 
Ah, la Juve...
Sto scherzando, ovviamente. 
Ribadisco: scherzo. 
E il lavoro?
Ecco. 
A tal proposito, mi è venuta in mente un'idea stupida. Stupida perché molto semplice. Talmente semplice da passare per semplicista. E sempliciotta. 
Ma mi piacerebbe che qualcuno potesse rispondermi in merito. 
Vi dico. 
Una sera, girando per una bellissima e illuminata Piazza Castello, dopo aver letto sui quotidiani le continue chiusure di attività commerciali e la crescente disperazione dei torinesi senza lavoro e senza speranze (di), il mio occhio è caduto sul Duomo. 
Il Duomo. 
Se davvero la politica avesse a cuore le sorti di questa città e dei suoi abitanti, e la Chiesa avesse davvero a cuore il futuro dei suoi fedeli...beh, cosa ci sarebbe di male in una collaborazione? 
Una collaborazione ampiamente conveniente in termini economici quanto 'd'immagine' per entrambi. 
La Sindone. 
Esatto. 
Perché no?
Perché non realizzare una costante quanto efficace ostensione che porterebbe fedeli (e non) di tutto il mondo qui, in città?
Non ne sto facendo un semplice discorso economico. Non voglio strumentalizzare il sacro a favore del profano. 
Ma mi domando: sono tempi terribili. Di sacrifici. E il peggio deve ancora arrivare. 
Perché no?
Se la Chiesa Cattolica e la politica trovassero un (ulteriore) punto d'incontro...sarebbe meglio per tutti: albergatori, commercianti, lavoratori del settore turistico e chi più ne ha più ne dia. 
Torinesi vi ricordate i giorni in cui la città era invasa da persone di tutte le parti del mondo venute qui per la Sindone?
Quanta internazionalità, quanta spiritualità (sono serio), quante possibilità per parecchi. 
Perché non dare a Torino e ai torinesi questa opportunità? 
Perché non dare ai credenti e agli atei quest'occasione per conoscersi meglio?
Perché non dare all'Italia un ottimo spunto per ripartire?
Dare un esempio di civiltà politica, gestendo in un modo 'nuovo' e onesto tutta la vicenda. 
Dare un esempio di spiritualità religiosa, affidando una reliquia fondamentale per la Chiesa Cristiana nelle mani dei suoi fedeli come atto di fiducia e di speranza. 
Perché rimanere chiusi? 
Non ha senso far finta di niente. Non ha senso aspettare di affondare definitivamente per poi dire che "forse si sarebbe potuto...".
Salviamoci. 
Salvateci. 
Siamo ancora in tempo. 

Troppo buonista?
Troppa importanza data ad un oggetto dalla veridicità discutibile? 
Si, ho capito, ma che v'importa? Tanto ora si passa al trapuntino...














giovedì 3 ottobre 2013

Questo post si autodistruggerà in 3, 2, 1...


Se credo negli oroscopi?
Diciamo così: mi piace quando dicono cose belle. Ma li snobbo quando il voto è al di sotto del 6,5.
Facile, no?
Si, lo so, ma sono un 'superstizioso non superstizioso', per cui il mio cercare (o meno) il supporto astrale dipende dal piede con il quale mi alzo la mattina.
Solitamente mi divido tra Paolo Fox (oh...quando c'azzecca è impressionante) e Rob Brezsny, molto più 'indie – alternative'.
Questa mattina l'amico Rob parlava così:

Non dire che vuoi l’amore”, dice lo scrittore Stephen Sparks. “Dì che vuoi la luce del mattino attraverso una finestra macchiata di vernice; dì che vuoi una folata di vento che trascina le foglie sul marciapiede e colline che rotolano verso il mare; dì che vuoi vedere, in un albero davanti al quale passi ogni giorno, i resti di un nido rivelati dalla caduta delle foglie; un pigro pomeriggio di conversazione nella penombra di un bar; l’odore del pane che cuoce”. Questo è proprio il consiglio che voglio darti, Gemelli. Secondo me, non ti puoi permettere di essere vago e generico nelle tue richieste d’amore. Devi chiedere esattamente le sensazioni e le esperienze che faranno crescere la tua voglia di goderti la vita.

La prima cosa a cui ho pensato è stata: ''Ok! Adesso prendo la chitarra e scrivo una canzone!”. Ma poi ho cambiato immediatamente idea, preso dal terrore di scrivere un miscuglio di banalità alla Jennifer Lopez del tipo 'baby i love you, baby i need you'.
Brrrrr!
Bleah!
Però!
C'è un però!
Il pensiero riguardo a cosa mi piacerebbe chiedere mi è venuto. E per tutto il giorno ho immaginato a cosa poter chiedere al posto del classico amore made in Hollywood.
Non sono romantico, solitamente. Anzi.
Se solo ci provo risulto delicato come un uomo di Neanderthal che prova ad sgusciare un ovetto sodo con una clava.
Ma mi piace l'idea di averci pensato tanto. E a tante cose. La giornata ha avuto un colore diverso. 
Inoltre è la prima volta che 'rispondo' ad un oroscopo. Magari affrontarlo a viso aperto può essere un esperimento interessante.

Allora.
Io non voglio l'amore. Per quel che ne so, l'amore dura due anni. Così dicono. E dopo? Dopo c'è l'affetto. La routine. I pranzi dai rispettivi genitori il fine settimana. Le cene con le rispettive coppie di amici. I compleanni cadenzati dei vari conoscenti, di quelli a cui non sai mai cosa regalare e che se non ci vai fai la figura di quello che se ne frega e poi la tua lei s'offende e tiene il muso per tutta la serata e quando torni a casa ti tocca pure litigare. Le vacanze ad agosto. Le due settimane al mare o in qualche capitale a fare le foto. Che poi quando ti annoi prendi il telefono e guardi se qualcuno ti ha 'whatsuppato' o se hanno commentato la tua foto appena postata su Facebook.
Non voglio l'amore.
Vorrei che mi passassi la penna mentre sono seduto sulla poltrona con in braccio la chitarra, quando non mi vengono le parole e il plettro cade per terra e, senza parlare, riesci a dirmi cosa scrivere.
Vorrei andare al cinema e commentarti nell'orecchio il film, soprattutto quando succede qualcosa di stupido e io rido come un 'duenne', darti fastidio promettendoti di non farlo più subito dopo che mi dici di stare zitto.
Vorrei andare a correre in mezzo alle foglie che cadono, con i ricci spaccati ma non aperti del tutto, dai quali fuoriescono le castagne, di quelle che non si mangiano ma si tengono in tasca perché tengono lontano il raffreddore. Ma tu a queste cose non ci credi. E ogni volta che ne trovo una mi chino a raccoglierla mettendola nel cestino della bici con la quale mi segui, perché so che ti stanchi e ti annoia a starmi dietro. Soprattutto quando fa freddo. Ma vieni perché così stiamo insieme.
Vorrei arrivare a casa e trovarti addormentata. Con la musica in sottofondo. E sentirti borbottare che le cose non sono andate come avresti voluto. E allora sei tornata a casa e hai pianto, anche perché io non c'ero e mi hai odiato anche se non era stata colpa mia. Ma adesso ci sono. E tu stai meglio. E allora faccio lo stupido, perché è la cosa in cui sono più bravo di tutti, e tu ti svegli del tutto. E mi odi. Ma poi ci baciamo e mentre tu parli, io mi addormento e forse ti sbavo anche sulla spalla.
E quando ci addormentiamo riusciamo a stare incastrati per qualche minuto. Come pezzi di un lego che combaciano e non fanno fatica ad attaccarsi l'un l'altro. Ma per poco. Perché vuoi stare comoda. E io pure. Ma anche se ci spostiamo, un pezzo di noi rimane sempre in contatto con l'altro: una mia mano sul tuo fianco, un tuo piede sulla mia gamba, il mio culo con il tuo. Lontani. Ma senza perderci.
E adesso comincia a fare freddo. E compro una guida ai locali dove fanno i migliori biscotti. E io ti ci porto, ma non li posso mangiare. E ti guardo mentre ne mangi uno, non di più, perché sono buoni ma 'non hai fame', mi dici. Invece li divoreresti tutti, ma poi ti sentiresti grassa. E preferisci fare finta di essere sazia. Prendendomi in giro perché posso bere soltanto un caffè o un english tea caldo con latte a parte o un marocchino cioccolatoso, con tutto il cioccolato che mi rimane sui denti mentre sorrido apposta per farti vergognare.
Vorrei mi venissi a prendere a lavoro senza dirmi niente. E vorrei portarti un mazzo di girasoli quando saluti i colleghi e stai per salire in macchina. Ma poi i girasoli nella Vespa non ci stavano, per cui sono tutti piegati e, mentre mi baci, mi dici che non sono capace a farti le sorprese.
Vorrei farti un sacco di foto stupide e mandartele in momenti 'random' della giornata solo per farti ridere e ricordarti che ti penso. E che ti controllo. Signorina...
Vorrei pensare che domani ci sei. Se piove. Se la luce salta e non torna.
Se alzarti da una sedia diventa un'impresa vorrei essere lì a mettere il cuscino sotto le tue chiappe raggrinzite perché così la volta dopo non sprofondi troppo in basso e le ginocchia non ti fanno più tanto male.
Vorrei che mi aspettassi mentre vado a scuola alle 8:20 salutandoti rumorosamente. Per poi tornare dopo la mezza affamati e curiosi di ascoltare le storie della mattinata appena trascorsa.
Vorrei passeggiare in un parco, insieme. Perché adesso correre è un po' difficile e le ore è meglio godersele lentamente.
Vorrei guardarti e rivederci in ogni attimo di quello che siamo stati.
Questo vorrei.

Adesso basta però. Che poi s'avvera tutto sto casino e mi arriva in casa una che mi chiede di scegliere tra lei e i miei cd.
Abbella...50 e passa cd degli Oasis tra discografia completa e bootleg comprati a Londra non si trovano da nessuna parte.
E vedi d'annattene!


martedì 1 ottobre 2013

Chi fermerà la musica?

Negli ultimi anni l'ascoltare un determinato cantante/gruppo/brano musicale, spesso, ha caratterizzato la nostra appartenenza (inconsapevole?) ad una determinata categoria sociale.
Esagero?
Non credo.
Ad esempio: ascolti gli Arcade Fire? Allora ne sai.
Mi seguite?
Altro esempio.
Lady Gaga?
Ok, ci siamo capite.
Diciamo che dal binomio Beatles - Rolling Stones in poi 'l'appartenenza' ha giocato un ruolo fondamentale nel mercato discografico (The Who - Mods su tutti).
Comunque.
Nel 2001 un successo clamoroso ebbe il brano 'le vent nous portera' dei Noir Désir.
Ascoltarli prima del loro divenire un tormentone era molto cool.
Effettivamente il pezzo aveva un qualcosa di magnetico: nelle parole, nella musica, nel video.
Senza contare il carisma della band e, soprattutto, del suo leader.
Brevemente: Bernard Cantat nel 2003 viene arrestato a Vilnius dopo aver ucciso a pugni, la sua compagna, l'attrice Marie Trintignant.
Condannato a 8 anni di reclusione, ne sconta soltanto 4 per buona condotta, con l'aggiunta di non poter nemmeno accennare alla vicenda nelle sue future opere da lì a 10 anni. Uscito di prigione, torna insieme alla compagna che aveva frequentato prima di Marie. Nel 2010 la donna s'impicca perché  non sopporta più la violenza di Cantat; dopo averlo scagionato nel processo Trintignant, prima di suicidarsi lascia un messaggio in segreteria ai suoi genitori, dove accusa esplicitamente Cantat di violenze continue su di lei i i loro bambini.
In questi giorni è uscito il nuovo singolo dell'ex leader dei Noir Désir, che ora si presenta, insieme ad un suo ex musicista, con una nuova formazione.
Che fare?
Personalmente ancora non ho ascoltato il nuovo brano, 'Droit dans le soleil'. Non lo so.
Avevo già qualche problema con la canzone del 2001.
Perché?
Inquietudine.
Immotivata. Insensata. Ma forte inquietudine.
E poi i tormentoni evito sempre di ascoltarli nel momento di massima esplosione, perché il rischio è quello di arrivare ad 'odiare' una canzone che, se non 'tormentata', sarebbe meravigliosa.
Tipo 'Trouble' dei Coldplay. Una gemma sprecata.
Un brano speciale vale la 'rimozione' di un passato violento?
La storia della musica è piena di omicidi, di risse, dipendenze da droghe e alcool, ma difficilmente il prezzo da pagare è stato così alto.
Si può far finta di nulla? Soprattutto, è giusto?
Può una persona con un'ombra così grossa e, tutt'ora così presente, andare in giro per il mondo e cantare liberamente il suo dolore che è anche, e soprattutto, quello di una famiglia a cui è stata portata via una parte così importante?
Dove finisce lo spettacolo e quando comincia la vita vera? E quanto si possono sovrapporre realtà e arte e fino a che punto?
Risposte non ne ho.
L'ultima volta che mi posi un problema simile, era riguardo ad un tizio che diceva di aver sparato ad un uomo sulla riva del fiume Reno. Solo per guardarlo morire.
Ma poi smentì di averlo fatto davvero. Disse che si trattava solo di una frase inventata in una canzone.
Forse.




venerdì 27 settembre 2013

La mia parte intollerante

Ci sono delle notizie che m'impongo di non approfondire.
Lo faccio per il semplice fatto che si tratta di 'boutade' il cui chiaro intento è quello di far parlare di sé il più possibile. Tutto qui.
Ed essendo il mondo dei media e dei social bisognoso di continue cose di cui parlare, ogni stronzata abbellita, impacchettata e spacciata per 'dichiarazione ufficiale' diventa la portata principale della giornata.
Il mio ragionamento è molto semplice.
Vuoi che il Signor Barilla, proprietario di una multinazionale che da decenni fattura miliardi in tutto il mondo, non sappia ciò che dice? Una persona di cui raramente si è sentito parlare se non, appunto, per la pasta? Pensate che sia una dichiarazione sbagliata, quella da lui rilasciata, che si sia confuso, che abbia fatto una gaffe?
Non credo proprio.
In un periodo di crisi, dove la gente non spende se non per indebitarsi acquistando Iphone, Ipad e tecnologia varia...quanto è importante la pubblicità?
Buona o cattiva che sia?
La Barilla negli ultimi anni ha passato periodi poco felici, soprattutto quando circolarono le voci di ingredienti geneticamente modificati utilizzati per la produzione dei loro prodotti.
Come attirare l'attenzione su di sé, o meglio, sul proprio prodotto dopo un down commerciale?
Appunto.
E non importa che la gente s'incazzi, perché tanto con una dichiarazione successiva in cui ci si scusa, con un nuovo spot 'ad hoc' e con qualche parodia su YouTube tutto tornerà come prima, anzi...meglio.
Perché nel frattempo il marchio ha fatto il giro del mondo, la gente non ha parlato d'altro, al supermercato le persone avranno fatto caso (magari non acquistato, ma notato maggiormente si) solo alla sua pasta.
Una pubblicità su scala mondiale fatta con...un'intervista? Quindi gratis.
Un genio.
Se poi si considera il bigottismo di certe persone allora il gioco è fatto.
Ikea realizzò, qualche tempo fa, uno spot dove dichiarava che la sua concezione di famiglia prevedeva un concetto più ampio di quello 'classico'.
Perfetto. Gran cosa. Giustissimo. Ma una scelta personale.
Se fossi stato ultra cattolico e conservatore avrei dovuto boicottare Ikea? Avrei dovuto realizzare una campagna mediatica devastante atta a screditare il marchio perché la famiglia è etero e non gay?
Giovanardi.
Lui si che si scandalizzò.
E ho detto tutto.
Sicuramente si può discutere sulla scelta, ma non credo sia giusto andare oltre un giudizio puramente personale. Ognuno, delle sue cose, ne fa ciò che vuole.
Ripeto, può essere giusto o sbagliato, ma la libertà di decidere a chi indirizzare le proprie attenzioni non dev'essere criticata.
Altrimenti si rischia il classico razzismo al contrario.
Capirei se ci fosse il monopolio della pasta. Ma non c'è. Siamo liberi (oddio...).
Per cui liberi di decidere e di fare.
Tutto qui.
E poi a me che me ne frega, io la pasta non la mangio. Sono fortemente intollerante.
Al grano.
Maliziosi.




P.s.
Vi basta questo per farvi passare tutto.



mercoledì 25 settembre 2013

Mi ricordo una notte sotto una pioggia battente...

Che cosa è la musica?
Bella domanda di merda, eh?
Io lo so che cos'è la musica. Lo so benissimo. Ma non ve lo posso dire. Nel senso...
Potrei dirvelo, ma poi dovrei rispiegarvelo non appena dovesse cambiare la canzone in sottofondo. E poi di nuovo e di nuovo ancora.
Ah, la stessa cosa vale anche per voi.
Anche voi sapete che cosa è la musica, ma non potete dirmelo.
Non voglio fare il filosofo, sia ben chiaro. Chiedo. Mi domando.
A grandi linee potrei dirvi che la musica esprime 'in musica' ciò che noi non riusciamo a dire a parole.
Molto banalmente.
Magari non vogliamo dire nulla e ci basta ascoltare un ritornello per rilassarci o iniziare una passeggiata
Tutto e niente, ecco che cosa è.
Spesso tendiamo ad identificarci con un cantante, a far nostra una frase, a dire 'oh, ma sta parlando di me! quello sono io'.
Non so se sia questione di tempo, degli anni che si accumulano oppure per il fatto che i cantanti 'del momento' siano sempre più giovani di noi per cui difficilmente ci si può immedesimare, ma più vado avanti e più sento che questo vecchio feeling va coltivato con maggior cura perché rischia costantemente di sparire, se solo dimenticato anche per un attimo.
Non mi capitava da un sacco di tempo di emozionarmi, con tanto di pelle d'oca, per una canzone. Che poi, in questo caso, non è nemmeno (ancora) un singolo. Direi più...un'atmosfera.
Si tratta di un brano che ha parecchi anni, ormai, ed è stato reinterpretato di recente per la colonna sonora di un film: Inside Llewyn Davis, la storia del folksinger che, pare, abbia ispirato Bob Dylan.
A cantarla Marcus Mumford, leader dei Mumford & Sons.
Ora, la canzone è particolarmente intensa ma non sembra essere tutto questo capolavoro (per ora si può ascoltare a tratti nel trailer del film e in una versione live, su YouTube, registrata da qualche fan).
Eppure il mix tra immagini e suoni è una bomba che mi esplode dentro ogni volta.
Mi fido dei fratelli Coen, mi fido di Marcus e mi fido di me: sono impaziente.
Che poi i Mumford & Sons siano un finto gruppo folk, di finti contadini, con finti vestiti sgualciti e dalle finte vite rurali...beh, questo è un altro discorso.
Io comunque resto in attesa.
Non dei M&S che, proprio oggi, hanno annunciato il ritiro dalle scene alla fine di questo tour.
Quattro anni. Due album. Tanti concerti. E stop.
Resto in attesa del film. Della canzone. Della storia.
Della bomba pronta ad esplodere.
Ogni volta.





martedì 24 settembre 2013

Vai avanti tu...

Ci sono dei posti dai quali non si vede l'ora di andare via.
A volte senza motivo. A volte all'improvviso. A volte dopo aver a lungo pensato a delle alternative possibili senza trovarne alcuna.
Non parlo solamente di luoghi realmente esistenti, magari racchiusi in quattro mura che si possono concretamente toccare con mano.
Un muro lo puoi scavalcare, lo puoi abbattere, ci puoi girare intorno.
Un ostacolo che 'non esiste' è, di per sé, insormontabile proprio perché non lo percepiamo, non ne conosciamo limiti e grandezza.
C'è sempre qualcosa da cui fuggire. E c'è sempre un motivo per farlo. I più coraggiosi non scappano. Affrontano il problema e lo risolvono. A prescindere. Affrontarlo è già una vittoria.
Anche se non credo si tratti di solo coraggio. Penso al cuore. Alla volontà. Alla passione. E perché no, all'amore.
E gli altri?
Beh, gli altri corrono. Camminano a passo svelto. Tentano di far perdere le proprie tracce.
E più ti giri, più sentii il predatore a ridosso. Più vai veloce più senti il suo fiato sul collo.
C'è chi fugge dalla famiglia, chi dai creditori. Altri dalle responsabilità. E dal proprio presente? Si. Capita.
Anche se quello che siamo oggi lo dobbiamo a ciò che fino a questo punto ci ha accompagnati.
Non so esattamente da cosa fuggo. Ma sento il mio passo rapido e incerto. Spesso guardo indietro e rallento. Questo è peggio del fermarsi e del voltarsi completamente verso ciò che abbiamo alle spalle.
Si, perché non si va avanti, ma nemmeno si aspetta: si barcolla. E come gli ubriachi, a forza di barcollare si cade a terra. Rovinosamente. In attesa di qualcuno che ci regga la testa o che ci raccolga come un pezzo di stoffa bagnato e ci riporti a casa.
Quando avanti non si può andare allora è meglio fermarsi. Immediatamente anche i passi che sentiamo provenire da dietro si fermano. Si fanno più radi. Lenti. Ma diretti verso di noi. Eccoli che arrivano.
D'accordo.
Respiro.
Chiudo gli occhi.
Li riapro.
Mi giro.
E adesso?



P.s.
Ogni pensiero sopra descritto è puramente.
Punto.

sabato 21 settembre 2013

A bassa capacità

Non so voi, ma ormai vedo sempre le cose da due punti di vista e il secondo è quello messo peggio.
Mi spiego.
Vi è già capitato che, durante una passeggiata o magari mentre state semplicemente camminando per strada, qualcuno si avvicini cercando di 'regalarvi' dei braccialetti?. "No, non ti preoccupare, è un regalo. Tieni, prendine quattro: uno per l'amore, l'altro per l'amicizia, il sesso e i soldi. Anzi, eccotene ancora uno. La salute, non si sa mai!".
E tutt'a un tratto vi ritrovate con il polso invaso da lacci colorati e una richiesta di contante da parte della persona che vi ha appena sequestrato il polso.
Ma non era un regalo?.
Ecco, il concetto è questo.
Ogni fatto, da quello più importante alla lite condominiale, diventa motivo di sospetto.
Berlusconi compra Balotelli? Campagna elettorale.
Obama e le armi chimiche? Devono 'spendere' le armi.
Clooney non si vuole fidanzare? Ah, ma allora è gay!.
Questo per portare qualche esempio immediato e parecchio esplicativo.
Ora, hanno effettuato decine e decine di studi, di tutti i tipi e di tutti i colori (politici) e il risultato è stato che la Tav in Val di Susa è un emerito spreco di denaro, tempo e salute.
Basta digitare su internet e migliaia d'informazioni verranno vomitate sui vostri schermi e suoi vostri occhi in modo che possiate farvene un'idea una volta per tutte (o una volta di più).
Conosco personalmente parecchie persone del luogo, le quali sono sicuramente più informate del 90% dei giornalisti che vi propinano la solita minestra su quanto, la linea ferroviaria in questione, sia un'opera fondamentale per le sorti dell'Italia.
Un paese come il nostro, indebitato e costantemente sull'orlo del collasso finanziario, gestito da una manica di affaristi tra(ns)vestiti da politici che hanno tutto l'interesse del (loro) mondo a far ristagnare economia e società nella melma in cui adesso giacciono, culturalmente in declino e con un sistema scolastico smembrato da riforme attuate da incompetenti, con un tasso di disoccupazione tra i più alti, con la malavita a gestire le nostre vite insieme a coloro i quali debbono combatterla (la malavita, meglio precisare)...non ha bisogno di un'opera inutile, dannosa e dispendiosa. O mi sbaglio?.
Meglio, non ne avrebbe bisogno se fossimo un popolo davvero civile, se 'loro' fossero davvero attenti alla nostra salute, ai nostri interessi, al nostro futuro.
Perché 'loro'?. Beh, perché non mi sento rappresentato. Affatto. Mi sento ostaggio. Ecco come mi sento.
Stanno inondando la Val di Susa di forze armate, cemento e criminalità. A scapito della tutela della salute, della giustizia, della salvaguardia dell'ambiente.
Non è strano? Non è strano che il dottore non sia un vero dottore e che per curare la malattia infetti ulteriormente il paziente già moribondo?.
A Torino le pattuglie in servizio la notte per le strade sono diminuite nettamente in quanto le forze dell'ordine sono state dirottate a contenere i manifestanti. Vi sembra normale?.
Si parla di Brigate Rosse ora. Ma chi ci crede?.
Tra poco tireranno fuori che anche Al Qaeda ha interessi sulla Torino-Lione e che Bin Laden abbia deciso di risorgere per progettare un attentato appositamente per quella linea d'alta velocità.
Abbiamo bisogno d'altro. E non sono i 'terroristi' o le nuove Brigate Rosse che lo dicono.
Sono le persone. Quelli che pagano quotidianamente sulla propria pelle il calare delle tenebre sul quello che era 'il paese del sole'.
Che qualcuno glielo dica.


http://www.notav.info/

giovedì 12 settembre 2013

Per mia (in) formazione.

Con un po' di ritardo e dopo un paio d'anni di pausa, quest'anno ritorno a fare il fantacalcio.
Non sono un appassionato e nemmeno un tifoso. O meglio, sono un tifoso atipico.
Una squadra 'del cuore' ce l'ho, ma l'ultima partita per intero vista alla tv è stata la finale di Champions League del 2010.
Dopo: il nulla. Come la mia squadra, praticamente.
Non andavo allo stadio dalla fine degli anni '90 e lo scorso campionato sono tornato a vedere una partita in mezzo alla bolgia dei tifosi: si, nella curva della squadra avversaria però. Che vi devo dire? Il prezzo economico e la disponibilità limitata dei biglietti forniscono, spesso, forti motivazioni in tal senso.
Ve l'ho detto, sono un tifoso atipico. E anche questa cosa del fantacalcio l'ho da sempre presa a modo mio.
Avrò partecipato ad una decina di fanta-competizioni e il mio miglior piazzamento credo sia stato un secondo posto, a culo. Poi sempre ultimo o giù di lì.
Ma non m'importa. Sapete perché?
Perché le cose importanti del fantacalcio sono fondamentalmente due:
Numero uno: avere una scusa in più per sentire gli amici.
Con il fatto della formazione, del mercato, delle classifica...ogni scusa fantacalcistica è buona per mandarsi anche solo un messaggio. Pensate sia poco? Affatto! Un motivo in più per scambiare due chiacchiere o per ritrovarsi val bene la rottura di scatole, per un anomalo ultrà come me, di (almeno) informarsi su chi ha segnato a chi e quando.
Numero due: il giornale del lunedì mattina.
Ovviamente i voti, i gol e i commenti sono una scusa bella e buona.
Scusa di che?
Ma per prendersi un po' di tempo. Il primo giorno della settimana iniziare al bar, con un té caldo (visto che andiamo verso l'inverno) e 5 minuti di tranquillità...la meraviglia.
La meraviglia se avete 85 anni e siete in pensione. O se siete vecchi dentro. Come il sottoscritto.
E poi abitando in una città dove 'la squadra non si discute ma si ama' è sempre meglio farsi trovare preparati per un'eventuale discussione da bar: tanto alla fine tra moduli, mister, classifiche e cannonieri...basta buttarla in caciara per sfangarla. E magari fare anche bella figura.
Non me ne vogliano i tifosi veri, gli attaccati alla maglia, i 'fedelissimi'...di più non posso. Non ce la faccio.
Non se lo meritano.
Non loro, i tifosi. Ma i pallonari. Quelli che mentre prendono a calci il sistema pallone prendono noi per il culo.
Quelli che si ammazzano fuori dallo stadio per un pretesto sportivo. Quelli che oltre ad avere i milioni ne vogliono far altri corrompendo e 'corrompendosi'. O quelli degli scudetti sul campo e i vestiti di bianco.
Dai, non è fattibile.
Viviamo in un paese pieno di contraddizioni. Enormi contraddizioni. E il calcio ne ha mascherate parecchie e per molti anni. Adesso (da un po' di tempo, a dir la verità) non riesce più a mascherare nemmeno sé stesso. Ma la gente ci crede lo stesso. Ardentemente. Oltre la soglia della razionalità.
Non fa per me.
Io scelgo i giocatori in base al nome. Alla simpatia. Ai tatuaggi o perché sono antipatici.
Lo prendo per quello che è: un gioco.
E se mi va di guardare una partita guardo il calcio inglese (si, sono banale, lo so). Non che lì con le scommesse siano messi meglio, ma almeno i tifosi cantano fino al novantesimo anche in caso di sconfitta.
E non si ammazzano più, una volta finita la partita. O prima.
Capita. Ma è un caso eccezionale. Non la norma. Come qui.
Non siamo sportivi nella vita, figuriamoci nello sport.
Ed è triste, triste essere arrivati al punto di riporre speranze e soddisfazioni nel risultato della domenica.
Siamo sempre lì a tifare per uno piuttosto che per un altro. Lui contro di me. Io contro di lui.
Giocare per sconfiggere. Non per vincere o partecipare. Per sconfiggere.
Ci specchiamo nel pallone riflettendo un'immagine collettiva misera, povera e bisognosa di ritrovarsi.
Al di là della singola partita. Non solo la domenica. O nei posticipi.
Se con la parola 'cinema' avesse inteso 'il semplice vivere', avrei appoggiato appieno l'uscita di un noto presidente-tifoso: "andate a fare in culo...torno a fare il cinema".
Torniamoci.
Eh?


P.S.
Balotelli ti prendo e ti tengo in panchina. Te lo dico.




Ah, se avete voglia leggete qualche articolo pallonaro del giornalista Oliviero Beha. Ne vale la pena.
Tra libri e articoli di giornale vi permette di farvi un'idea generale di cosa sia davvero il calcio. In Italia.


mercoledì 11 settembre 2013

E se un giorno, il 7 di Settembre...

Perché scrivo? Non sono un bravo comunicatore. Ecco perché.
Sono polemico. Spesso prolisso. Parlo veloce e mi mangio le parole. Difficilmente riesco ad intavolare discussioni con persone più 'agitate' di me nell'esporre il proprio pensiero; ho sempre paura d'interrompere, per cui mi capita spesso l'esatto opposto, ovvero l'essere interrotto (maledetti prepotenti).
O addirittura lascio che il fastidio dovuto alla mia difficoltà comunicativa prenda il sopravvento per cui evito di continuare la conversazione.
Ah, poi mi vengono in mente mille pensieri contemporaneamente e alla fine dico un terzo di quello che vorrei, lasciando la parte migliore del mio intervento alle due ore successive quando, rientrato in casa, mi siedo sul divano e penso 'perché non gliel'ho detto prima!!! perché?????'.
Ve l'ho già detto che non sono un bravo comunicatore?
Ci provo, a scrivere.
Provo a tenere aggiornato un blog che, puntualmente, frequento come si frequenta una ragazza di cui non si è innamorati ma per la quale si prova del semplice interesse. L'interesse da novità.
I primi giorni sono i migliori, ci si vede tutti i giorni e si vorrebbero vomitare parole su parole sentendosi in grado di parlare tranquillamente di tutto e tutti. Passata la sbornia iniziale le conversazioni rimangono, si, intense, ma meno frequenti; gli argomenti diventano più difficili da approfondire e il tempo speso nella ricerca delle (giuste) parole giuste fa passare ogni nuovo tentativo di conversazione.
E alla fine...ci si lascia per mancanza di argomenti. E d'interessi.
Capita. Anche se...
Anche se, devo ammetterlo, mi ci vorrebbe un po' di costanza in più. Quella che ho nello scrivere musica. O meglio, nel 'provare' a scrivere musica. Testi e accordi.
Preciso di non essere un musicista professionista per rispetto verso tutti colori i quali di questa professione ci vivono e professionisti lo sono davvero. Amen.
Nel mio tentativo di contribuire ad una musica migliore (esatto, ho scritto proprio così) spesso mi chiedo il motivo per il quale mi ritrovo a strimpellare la chitarra e a buttare giù pensieri e note.
Lo faccio per me. Lo faccio per dire in modo diverso, forse più semplice, cose che diversamente non saprei dire. Lo faccio perché mi piace l'idea che una mia canzone possa tenere compagnia a qualcuno durante una passeggiata. Che la si possa suonare tra amici. Lo faccio perché quella nota lì, suonata in quel modo da sottofondo a quella frase mi ha dato una sensazione meravigliosa. Mi ha fatto stare bene. Come una bella frase di un bel libro o una sequenza d'immagini con la sola musica in un bel film.
Lo faccio perché mi piacerebbe avere il coraggio di suonare (più spesso) dal vivo e condividere con le persone quello che mi passa per la testa. E per la pancia.  E, perché no, per il cuore.
Certo...anche per arrivare ad avere un singolo in classifica che mi permetta di vivere di rendita e fare la rockstar almeno per una settimana. Senza ipocrisie.
'E se la tua canzone diventasse una hit perché l'attorone l'ha postata sul suo Facebook?'. Si, va bene
'E le la tua canzone diventasse una hit perché sigla di un programma trash tra i più visti in tv?'. Mmmmhhh, ma si dai. Andrebbe bene.
'E se la tua canzone diventasse una hit perché inno di una generazione di sfigati depressi che fraintendono completamente il testo e le tue intenzioni?'. Beh, l'interpretazione è più o meno libera, per cui...andrebbe bene anche in questo caso.
'E se la tua canzone diventasse una hit perché, oltre ad essere un sincero atto d'amore verso qualcosa/qualcuno, capitata al momento giusto?'. Beh, molto bene direi.

E se quel momento, invece, fosse sbagliato?


martedì 10 settembre 2013

Oggi che cosa mi metto?

Ho la finestra aperta anche se piove.
Non piove fortissimo, quel tanto che basta per far si che qualche goccia entri e si poggi sul mobile posto al di sotto del davanzale. Le più coraggiose arrivano a toccare il pavimento.
Lo so che tra dieci minuti mi sarò dimenticato di questo atto 'ribelle' e, quando passerò a piedi nudi in quel lato della casa, imprecherò perché avrò rischiato un doppio carpiato all'indietro scivolando sulla piccola pozza formatasi sul pavimento.
A volte penso di somigliare a quella cassettiera: immobile ed in balia di azioni non convenzionali, diciamo così.
Io. Come tanti. Forse molti.
Delle volte rimaniamo in attesa; lasciamo che qualcuno lasci la finestra aperta esponendoci al clima del momento.
A volte può andare bene, può esserci il sole e non fare tanto caldo . Altre può piovere a dirotto o soffiare un vento forte che ci riempie di polvere e schifezze portate da chissà quale parte della città.
Tutto questo può avere una durata variabile: ore, giorni, settimane. Mesi, se siamo sfortunati. Anni, se nella vita precedente siamo stati scafisti, democristiani o accaniti ridaroli da bagaglino.
Siamo comunque delle cassettiere. Di legno.
E il legno, che sia o meno pregiato, alla lunga risente dell'incuria.
Ecco.
Anche le cassettiere patiscono (il termine soffrire credo sia un po' esagerato, anche se rende).
Bisogna smettere di sentirsi un mobilio, parte dell'arredamento, in preda agli umori del padrone di casa e a tutto ciò che ne consegue.
Si può smettere di essere cassettiera. Almeno, così dicono. Senza il bisogno di rivolgersi a qualche associazione particolare.
Basta alzarsi, scrollarsi di dosso le intemperie, aprire la porta e decidere cosa mettersi addosso per affrontare la giornata.
Dopo tutto...non siamo nemmeno alberi.



venerdì 3 maggio 2013

Tutto intorno trema

Credo fosse la settimana scorsa.
Mi è capitato di vedere un servizio de Le Iene sulle costruzioni post terremoto realizzate a L'Aquila.
Per farla breve: sono stati utilizzati a dir poco scadenti con rischi enormi per gli abitanti e infatti molte case sono state fatte sgomberare per evitare ulteriori tragedie.
Facciamo così: evitiamo di parlare per l'ennesima volta di conflitto d'interessi, di falso in bilancio, del più volte paventato "odore di mafia", di giudici corrotti, tangenti, acquisizioni illecite, corruzione di parlamentari, brogli elettorali e ineleggibilità, monopolio "illecito" del sistema mediatico italiano, di prostitute e sesso con minorenni.
Evitiamo tutto questo.
Evitiamolo perché, in un paese normale, anche soltanto una di queste accuse avrebbe obbligato il soggetto imputato a scomparire dalla scena politica e/o culturale per sempre.
Evitiamo discorsi che ormai annoiano, più che rendere sgomenti.
Siamo tutto fuorché un paese civile e democratico: abbiamo votato, abbiamo scelto ma non ci è stato permesso di decidere.
Quindi? Dov'è la libertà?
Appunto; evitiamolo, tutto questo.
Ma una persona che allestisce la sua campagna elettorale speculando sui morti e sulle macerie di città distrutte da uno degli eventi naturali più devastanti che il nostro territorio abbia dovuto affrontare negli ultimi anni...tutto ciò è già deprecabile di per sé. O sbaglio?
Inoltre, se la costruzione è fittizia e permette soltanto un'ulteriore speculazione ai danni di chi ha già perso tutto tranne che la (propria) vita...come lo possiamo definire?
Come può venire in mente, a noi sudditi, di continuare a credere a chi, per mesi, ha millantato new town e una nuova vita per quelle popolazioni lasciando invece vuoto, solitudine, disperazione e macerie?
Perché dimentichiamo?
Perché continuiamo a dare credito a un individuo che ha cercato il consenso dove migliaia di persone hanno trovato dolore?
Il dolore è rimasto. Anzi, è aumentato. E lui è ancora qui.
Lo abbiamo lasciato...ancora qui. Gliel'abbiamo permesso.
E questo va al di là di ogni tangente, di ogni puttana scopata in un ufficio, di mazzette e interessi di vario genere.
Se fosse successo a noi?
Dimenticati come degli stracci sporchi e usati.
O come la spazzatura che ancora infesta le strade di Napoli (e Palermo, Roma e ancora...).
Perché lo sapete che la spazzatura c'è ancora? No? Ma la tv...

Non parlo di destra o sinistra. Non parlo di ideologia e nemmeno di convenienza.
Parlo di dignità.
Perduta, mai avuta o gettata.
Sono sempre più convinto che il peggio debba ancora arrivare. E sono anche curioso di sapere quanti noi siano disposti a farsi "usare" per poi essere messi da parte in nome di qualche secondo di visibilità.
Secondo me ancora troppi.
Troppi per non esser troppo tardi.

http://www.youtube.com/watch?v=gjZE1Rn7Q0k

lunedì 22 aprile 2013

Rolling in the mud

Leggendo e ascoltando editoriali di vari giornalisti dalle più disparate posizioni ideologiche e/o politiche, noto come la struttura del potere venga difesa da più fronti man mano che ci si avvicina al suo cuore.
Difesa da persone anche le più moralmente e ideologicamente degne di stima (tipo Scalfari di Repubblica) che però si trasformano in un "insolito" braccio armato non appena la stabilità del degrado che ci ha governato fino ad ora viene messa in forte discussione. 
Molti del M5S sono imbarazzanti, lo riconosco, e lo stesso Grillo pare essersi inceppato in discorsi di rivoluzione privi di sbocco pratico nella realtà attuale.
Ma sono convinto che la presenza del M5S sia fondamentale per smuovere tutta la merda nella quale stiamo continuando ad affogare.
Non abbiamo diritti, non siamo rispettati come cittadini. Continuano a prenderci in giro e credo che il peggio debba ancora arrivare.
Il fatto che Grillo&Co. continuino a rompere le palle un minimo di speranza continua a darmela. Fondamentalmente forse perché fanno ciò che dovrei fare io...quello che dovremmo fare tutti noi. 

lunedì 11 febbraio 2013

Papa...rapapappappappà


Per quanto sia molto difficile credere che le fatiche e le brutture di questo mondo siano le dirette conseguenze di un morso dato a una mela (che niente aveva a che vedere con l'attuale tecnologia, altrimenti il 'bug' sarebbe stato facilmente eliminato e oggi vivremmo tutti felici e contenti) sono convinto che la componente spirituale, qualunque essa sia, abbia dei risvolti particolarmente incisivi sul corso di queste nostre vite tutte fatte di materia e sostanza. Troppa materia e poca sostanza.
Si perché, se 'la religione è l'oppio dei popoli', vediamo costantemente con i nostri occhi quanto il dio in questione (qualunque nome vogliate attribuirgli) non sia così spirituale quanto cercano di farcelo apparire: questo dio utilizza conti correnti, acquista azioni, partecipa a compravendite, possiede giacimenti petroliferi, scatena guerre (ma senza sporcarsi le mani, non sia mai)...insomma...ha il suo bel da fare, diciamo così.
Qual è il compito del Suo rappresentante in terra? In teoria, far si che il Suo verbo, il Suo nome e le Sue gesta raggiungano più essere umani possibile e che questi decidano spontaneamente di seguire i dettami stabiliti dal Suo pensiero mettendoli in pratica (per quanto possibile) nella vita di tutti i giorni. Una guida, insomma. Un rappresentante terreno di quell'entità così invisibile ma così presente nel quotidiano di miliardi di persone.
Ripeto, in qualunque modo si voglia chiamarLO o definirLO.
La velocità impressionante di questa nostra vita, però, spesso favorisce l'oggetto più che lo spirito; il possedere più che l'essere.
Sono le 'protuberanze terrene del sacro' in primis ad occuparsi del materiale a scapito dell'uomo e  dell'anima; dunque, a cascata, diventa inevitabile la moderna degenerazione della tanto ostentata spiritualità, che altro non diventa che un'esibizione del credo, una messa in mostra di 'chi crede in cosa' e non della fede in sé e delle sue più profonde motivazioni.
Giovanni Paolo II aveva almeno il 'merito' (se di merito si può parlare) di cercare un dialogo attraverso il viaggio, la comunicazione, l'andare in giro per il mondo a diffondere un messaggio: Che crediate o no, giusto o sbagliato pensiate che sia, almeno il tentativo di essere un rappresentate attivo del suo 'principale' lo ha fatto. Il gesto concreto c'è. 
Erano sicuramente tempi diversi, non eravamo in possesso di così 'tanto', internet non era ancora così importante, le difficoltà di questi anni erano ancora da venire per cui lo spazio per la fede c'era e non era trascurato in favore di uno spirito di sopravvivenza che sfocia sempre più spesso in un egoismo di massa difficile da fermare, al giorno d'oggi.
Nei momenti più difficili serve un capo, qualcuno che si prenda delle responsabilità, che si faccia carico degli altri e che indichi la strada.
Noi italiani lo sappiamo bene, abbiamo sempre avuto bisogno che qualcuno ci dicesse cosa fare, dove andare, cosa dire e perché, con maniere più o meno forti, poiché non siamo capaci di prenderci ciò che vogliamo, ma solo quello che ci viene dato. Lamentandoci successivamente.
Le dimissioni di Benedetto XVI arrivano nel momento di maggior difficoltà (anche spirituale) del nostro paese e non solo.
Non è stato (a mio avviso) la guida che avrebbe dovuto essere, non si è preoccupato dei suoi fedeli e delle loro anime, ma di cose, oggetti, questioni: per questo ci pensiamo già noi.
Sbaglio?
Il tema della pedofilia nella Chiesa, il confronto con le altre religioni, le questioni interne al Vaticano e 'corvi' vari...non hanno fatto che allontanare i fedeli.
L'amore.
Capite, continuano imporci di distinguere i vari tipi di amore L'amore è amore. Punto. Perché il mio dio (qualunque esso sia) dovrebbe giudicarmi se non faccio altro che amare qualcuno? Amare non è male. Perché quindi dovrei sbagliare? Perché continuano a dirmi che se amo A il mio dio (qualunque esso sia) mi ama, ma se amo B il mio dio (qualunque esso sia) mi punirà?
Io devo pensare a dove trovare i soldi e cosa comprare, cosa mangiare, dove andare, al lavoro, ai figli, alla fidanzata, alla mia squadra del cuore, alla nonna sola a casa che devo accompagnare a fare la spesa.
Tu devi occuparti della mia anima, non del mio quotidiano. Per quello ci sono già io.
Sono convinto che la situazione politica abbia accelerato decisioni molto più grandi di noi.
Un certo tipo di politica fondata sulla religione e sul mancato rispetto dei suoi precetti da parte degli stessi oratori che tanto declamano, via mass media, la sua importanza...credo stia per finire.
O almeno me lo auguro.
Personaggi e movimenti politici spinti da una superficiale quanto fintamente profonda fede nel dio (qualunque esso sia) tanto acclamato e chiamato in causa hanno più volte dimostrato la pochezza della loro anima. A scapito nostro, ovviamente. E di ciò in cui credevamo. O in cui crediamo tutt'ora.
La difficoltà nella vita quotidiana sommata alle continue bugie e le dichiarazioni d'intenti completamente discordanti con i fatti reali hanno spinto i più lontano dal proprio spirito.
Quel che serve è una guida.
Forse lo hanno capito e stanno cercando di mettere una pezza, in qualche modo, alla probabile 'deriva laica' che queste votazioni politiche potrebbero portare.
Una guida spirituale aiuta. Sempre. A prescindere dal fatto che sia la vostra guida, o quella di qualcun'altro.
Perlomeno è un interlocutore in più con il quale confrontarsi, qualcuno con cui parlare e che può fornirci un punto di vista differente. Che ci permetta di pensare. Perché pensare e parlare aiuta il confronto. La crescita. La vita. 
Così da non dover più cercare facilmente le risposte su Wikipedia ma magari dentro noi stessi.
Qualunque sia il nome che quotidianamente diamo al nostro dio.
O quello che rappresenta per ciascuno di noi.


domenica 27 gennaio 2013

Purtroppo mi ricordate di ricordare...



Niente da fare. 
Anche questa volta l'occasione di fare bella figura...ce la siamo lasciati scappare.
Parlo della giornata della Memoria.
Speravo fortissimamente che media, stampa e social network evitassero i qualunquismi soliti che si vomitano a profusione in occasioni come queste.
Speranza vana. 
Ok, non è che lo sperassi davvero...ma un minimo di fiducia nell'evitare la deriva di banalità...questo si. 
Perché parliamo di memoria? Memoria di cosa? Di chi? Di quale tempo e di quali fatti? 
Tanto per cominciare vi rammento una notizia molto, molto attuale:"Per tanti versi Mussolini aveva fatto bene ma il fatto delle leggi razziali è stata la peggiore colpa”, disse tale S. B. 
Lo stesso S.B che nell'ultimo ventennio ha governato questo paese. 
Ovviamente è stato frainteso. 
Ovviamente.
Lo stesso S. B. che ha governato, in questi anni, insieme ad un partito che vuole la cosiddetta secessione: Nord indipendente e Sud per i fatti suoi.
'Roma ladrona' non rappresenta la Lega, anche se quando c'è da sguazzare nel fango il porco non si tira indietro se gli conviene. 
Così, tanto per dire...
Come 'tanto per dire' sono gli inviti a imbracciare i fucili per dimostrare ai 'terroni' che quelli che abitano sopra il Po ce l'hanno più duro.
'Tanto per dire' è il voler sparare ai gommoni di disperati che approdano sulle nostre coste.
'Tanto per dire' è il denigrare etnie e razze che poi dagli stessi denigratori vengono sfruttate nei cantieri, nei campi, nelle fabbriche, nelle case dei privati, nelle macchine in parcheggi isolati...
'Tanto per dire' sono i 'buuuu' in curva nei confronti di giocatori di colore, che magari giocano nella propria squadra e fanno pure gol.
Vabbè, però è negro.
Ineccepibile.
L'idea di una razza pura è tanto differente dall'idea di una popolazione prettamente nordica? Nei fatti, forse. Almeno per ora. Ma l'idea di fondo è la stessa. Non credete?
La Giornata della Memoria. 
Rammento piacevolmente che il sindaco della Capitale 'del mio stivale' è di matrice prettamente 'nera'. 
'Tanto per dire' il giorno dell'insediamento al Campidoglio ha salutato i suoi camerati con il saluto fascista, che non era assolutamente un saluto fascista ma semplicemente un 'bella ciao' con il braccio leggermente disteso.
Lo stesso sindaco che si è avvalso, fino a poco tempo fa, della collaborazione di Casa Pound. E non serve aggiungere altro. 
Casa Pound. 
Italia.
Roma. 
2013. 
Per cui: che cazzo mettete sulla vostra pagina di Fb (e compagnia bella) la miriade di link relativi a stragi, ricordi, dolori, pigiami a righe e belle vite...quando poi continuate a viverla questa memoria, che dovrebbe soltanto essere ricordata e ben stampata nel cervello, ma non più vissuta?
Si lo so, sembra complicata come frase ma leggendola un paio di volte il senso arriva.
Com'è possibile che siamo ancora così ottusi?
Non viviamo mica in un paesino sperduto in Germania o in Austria, dove il retaggio storico può in parte 'giustificare' (con mille milioni di virgolette) comportamenti xenofobi.
Tra l'altro, per rinfrescarvela la memoria, tale Jörg Haider, lo spauracchio nazista degli anni 2000, vi ricordate come morì e in quali circostanze? Vi ricordate le idee assurde che proponeva come rimedio alla deriva europeista? Ubriaco, in auto dopo una festa in locale gay. 
Alla faccia dell'irreprensibilità di una certa ideologia di estrema destra: froci, trans e negri sono cattivi sono fuori dal giardino di casa.
Per cui evitiamoli certi piagnistei. Evitiamo di proporre foto e frasi ad effetto giusto per dire 'me lo ricordo'.
Coprire con una coperta colorata una vasca colma di merda non fa di voi una persona pulita.
La Giornata della Memoria.
Perché mi devo ricordare che il paese in cui vivo è un paese che non ha più bisogno di quel genere di ricordi.



E di quel genere di persone




mercoledì 2 gennaio 2013

In alto le mani...è un...presepe!

--> Se c'è una cosa che mi piace fare è allestire il presepe.
Mi diverto un sacco a costruire le montagne, ricreare laghi e cascate, posizionare personaggi e animali. Mi piace proprio.
Ogni anno compro un pezzetto in più da aggiungere e, solitamente, l'acquisto avviene a festività passate, quando un contadino con le pecorelle passa dai 45 euro dei primi di dicembre all'offerta eccezionale del post Epifania: lo porti a casa con 10 euro e magari ti aggiungono qualche animaletto da fattoria in omaggio.
Il lampo di genio di questi ultimi 4/5 anni è stato il trenino.
Voi direte: ma che cavolo c'entra il trenino con i pastori, gli animali, le grotte e la stella cometa?
Nulla. Non c'entra niente! Ed è questo il bello!
Vuoi mettere la soddisfazione della lucina della locomotiva a vapore che esce dalla galleria e dei convogli che sfrecciano di fianco la bottega del falegname che, grazie ad un piccolo motorino, si muove a tempo tagliando con precisione un ceppo di legno? Se avete dei bambini piccoli...fatelo! Impazziranno! Attenti solo ad eventuali assalti, deragliamenti e attentati terroristici: sono dietro l'angolo.
E i 'padroni di casa' pare non gradiscano troppo trambusto. Dicono lei sia incinta. Dicono.
Comunque, non è del mio presepe che vi voglio parlare.
Se vi capita di passare da Roma, in Piazza Del Popolo c'è una mostra che fa al caso vostro: i 100 presepi.
In tre sale sono raccolti 100 presepi tutti molto differenti tra di loro: alcuni fatti con del semplice fil di ferro, altri con dei guanti, altri ancora con del legno o del cioccolato. Ci sono poi 'opere' di alunni delle elementari e delle altre installazioni più grandi molto più particolareggiate e caratteristiche.
A mio avviso, il più bello, è quello che si può osservare nell'ultima sala: molto dettagliato, colmo di personaggi 'in movimento', dal pescatore al contadino, dalle galline al mulino. Meraviglioso. Tante lucine colorate e il gallo che accompagna l'alba e 'lancia' il segnale che permette a tutti i personaggi di muoversi contemporaneamente e compiere l'azione per la quale sono stati realizzati.

Ok, ho finito.

Non vi preoccupate, non avete sbagliato blog. Questo era solo un preambolo gentile al vero fulcro di questo post.
Prima cosa: un bambino di 8...9 anni?...ha passato il tempo a urlare la seguente frase:”Mammaaaaaaaaaaaa....non sto urlaandoooooooooooo” e la madre:“T'ho detto di non urlare!” e 'bum', scapaccione dietro la nuca.
Di nuovo:”Mammaaaaaaaaaaaa....non sto urlaandoooooooooooo” e la madre:“T'ho detto di non urlare!” e 'bum', scapaccione dietro la nuca.
Così per almeno 5 minuti che, sembrano pochi, ma in uno spazio piccolo possono sembrare un'eternità.
E più la scena si ripeteva più il volume della voce e la forza della 'scuzza' aumentavano d'intensità.
Tanto che ad un certo punto ho pensato si trattasse di un'installazione: vuoi vedere che l'artista ha pensato di rappresentare la visita dei parenti 'diggiù' alla quasi partoriente? Che figata! Un presepe live! E ho cominciato a girare intorno ai due cercando la targhetta con le informazioni.
Ma niente.
Mi sbagliavo. Nessuna installazione. Vera madre e vero figlio. E vera rottura di c...
I 100 presepi, nell'insieme, sono anche interessanti. Va bene, non tutti sono così interessanti a mio avviso, ma tutto sommato può essere un diversivo pomeridiano nel caso non sappiate cosa fare e vogliate spendere un quarto d'ora della vostra giornata e ben...7 euro e 50 centesimi!
Si, avete capito bene: 7 euro e 50!
Ricapitolando: 100 presepi, tre stanze, un bambino insopportabile e 7 euro e 50 da sborsare all'entrata!
Un'assurdità!
Il biglietto si fa all'inizio, per cui siete ancora in tempo a desistere se non avete il 'sacro fuoco' della Natività.
Ho pensato: per 7 euro e 50 centesimi i 100 presepi saranno tutti bellissimi, tutti enormi, mi ci vorranno almeno un paio d'ore per osservarli tutti.
No.
Quindici minuti di orologio: circa 50 centesimi al minuto.
Ah, se per caso capitate dalle parti di Parigi, al Louvre...non dite nulla. Fate finta di niente.
Non sia mai decidano di ritoccare il biglietto per mettersi in pari con i colleghi romani.
Non vorrei dover accendere un mutuo per vedere un paio di statue, tre quadri e qualche cianfrusaglia ritrovata negli scavi per la metropolitana.