Non piove fortissimo, quel tanto che basta per far si che qualche goccia entri e si poggi sul mobile posto al di sotto del davanzale. Le più coraggiose arrivano a toccare il pavimento.
Lo so che tra dieci minuti mi sarò dimenticato di questo atto 'ribelle' e, quando passerò a piedi nudi in quel lato della casa, imprecherò perché avrò rischiato un doppio carpiato all'indietro scivolando sulla piccola pozza formatasi sul pavimento.
A volte penso di somigliare a quella cassettiera: immobile ed in balia di azioni non convenzionali, diciamo così.
Io. Come tanti. Forse molti.
Delle volte rimaniamo in attesa; lasciamo che qualcuno lasci la finestra aperta esponendoci al clima del momento.
A volte può andare bene, può esserci il sole e non fare tanto caldo . Altre può piovere a dirotto o soffiare un vento forte che ci riempie di polvere e schifezze portate da chissà quale parte della città.
Tutto questo può avere una durata variabile: ore, giorni, settimane. Mesi, se siamo sfortunati. Anni, se nella vita precedente siamo stati scafisti, democristiani o accaniti ridaroli da bagaglino.
Siamo comunque delle cassettiere. Di legno.
E il legno, che sia o meno pregiato, alla lunga risente dell'incuria.
Ecco.
Anche le cassettiere patiscono (il termine soffrire credo sia un po' esagerato, anche se rende).
Bisogna smettere di sentirsi un mobilio, parte dell'arredamento, in preda agli umori del padrone di casa e a tutto ciò che ne consegue.
Si può smettere di essere cassettiera. Almeno, così dicono. Senza il bisogno di rivolgersi a qualche associazione particolare.
Basta alzarsi, scrollarsi di dosso le intemperie, aprire la porta e decidere cosa mettersi addosso per affrontare la giornata.
Dopo tutto...non siamo nemmeno alberi.
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