giovedì 29 novembre 2012

Punti di vista

Sono le 5:45 di venerdì mattina. Piove. Poco rispetto ai giorni scorsi e, sinceramente, per essere l'ultimo giorno di novembre il freddo è più che accettabile. Sono appena arrivato in stazione e, nonostante non siano ancora le 6, in edicola c'è già la coda.
Per arrivare in stazione passo dalla parte opposta rispetto all'ingresso principale, da via Marsala.
Ho ancora gli occhi semi chiusi e cammino per inerzia, così mi accorgo di essere arrivato dall'odore di urina stagnante proveniente dal marciapiede antistante l'entrata. Davanti alle porte, chiuse da mezzanotte alla 5:30 circa, ormai da mesi dormono per terra una ventina di senza tetto, rifugiati. Sono avvolti in coperte e ammassati l'uno sull'altro per non disperdere quel poco calore che hanno a disposizione.
Molti sono già svegli perché tra poco cominceranno a scaricare merci, arrivare viaggiatori e turisti, pattuglie di polizia e spazzini, per cui meglio andare.
Alcuni stanno cominciando a svegliarsi ora. Altri pare non abbiano dormito affatto. Altri ancora sistemano vestiti e oggetti vari in borse di plastica o sacche usurate.
Capita di fare lo slalom, certe volte. Non stamattina. Cammino veloce, come al solito. Non alzo la testa. Ma li vedo. Eccome se li vedo. Sembrano dei grosso bruchi avvolti nei loro bozzoli. Mi sembra di sbirciare in casa di estranei in un momento di 'vulnerabilità' casalinga per cui rivolgono sguardo altrove. Lo so, è assurdo. Ma non posso farci niente.
Arrivo al binario. Nonostante sia una scena che si ripete spesso non smette mai di darmi da pensare. Salgo sul treno. Mi siedo. Dormo.

Sono le 5:45 di venerdì mattina. Piove. Non importa quanto intensamente rispetto ai giorni scorsi. Continua a piovere da giorni e l'acqua bagna gli scatoloni. Per terra è più umido del solito ma almeno non ci piove in testa. Le coperte che ci hanno portato aiutano, ma non bastano con questa umidità. Il pavimento è troppo freddo, dobbiamo stare vicini, quasi schiacciarci l'un l'altro per tenerci caldo. Ma ci penseremo di nuovo stanotte. Ora bisogna alzarsi. Vado a portare i cartoni nell'antro che sta qui dietro, dove non dovrebbero toccarli. Anche gli addetti dell'Ama lo sanno, infatti spesso ce li lasciano lì. Devo andare in bagno. Il marciapiede ormai è una latrina a cielo aperto, tanto che ci sono dei mezzi già pronti a pulire. Ma quest'odore ormai non se ne andrà più. È arrivato anche il camion a scaricare il cibo per il supermercato. Ogni tanto litighiamo con l'autista che ci urla di spostarci mentre ancora stiamo dormendo. Raccolgo le mie cose in una busta. Qui non dobbiamo lasciare niente, la butterebbero via. Non possiamo permetterci di perdere niente. La gente va di fretta già a quest'ora della mattina. I treni cominciano a muoversi. Nemmeno faccio caso a chi passa, anche se quasi tutti nemmeno ci vedono. Ci scansano e vanno dritti attraverso le porte automatiche. Si sono alzati tutti. È tempo di andare.


http://m.soundcloud.com/thevidband/hobo

http://m.youtube.com/#/watch?v=wyDjRd0Tjss&desktop_uri=%2Fwatch%3Fv%3DwyDjRd0Tjss&gl=IT

martedì 27 novembre 2012

Oggi è Domenico.

Difficilmente mi occupo di politica o ne faccio argomento di discussione con amici o conoscenti. Questo perché spesso le persone non sono molto preparate sull'argomento (me compreso) dunque preferisco evitare discorsi da bar che finiscono forzatamente con il doversi schierare con un politico piuttosto che con un altro, stile stracittadina calcistica. Mi piace, però, informarmi, perché non tollero che mi si 'supercazzoli' a mia insaputa, questo si; quindi cerco di tenermi al passo con le novità, anche se a volte la sopportazione per la miseria politica, nella quale sguazziamo da circa un ventennio, raggiunge limiti poco tollerabili.
Nel dicembre 2010 un amico venne a trovarmi a Roma. Lo portai a fare un giro in via del Corso e verso le 14:00 decidemmo di fermarci in un piccolo bar dietro al centro commerciale presente nella seconda metà della via, quella più vicina a Piazza Venezia, per intenderci.
All'esterno del bar due auto blu munite di lampeggianti erano parcheggiare in divieto di sosta, con i poliziotti in borghese appoggiati alle vetture senza dimostrare particolare fretta di mettersi a lavoro. Immagino fosse pausa pranzo anche per loro.
'Qualche  politico sarà in giro a fare acquisti natalizi' pensammo io e il mio amico, il quale continuava a guardarsi intorno pensando di vedere qualche 'big' da un momento all'altro. Niente da fare.
La fame era di quelle importanti, per cui ci accomodammo nel bar e ordinammo da mangiare. Panini, credo. In quel periodo ancora potevo permettermi di mangiare lieviti senza controindicazioni 'zeppeliniane' (quanto poco rock and roll sono diventato).
Il nostro tavolino era posizionato proprio sotto un enorme televisore al plasma e non ricordo quale fosse il programma in onda. So soltanto che, ad un certo punto, nella tavolata accanto a noi cominciò respirarsi parecchio fermento. Il proprietario del locale spense la tv predisponendo lo schermo alla navigazione in inernet connettendosi a Youtube.
'Strano' pensai. 'Forse vorrà vedere qualche video musicale particolare'. Nel frattempo la dozzina di commensali schierati dietro la schiena del mio amico cominciarono a battere le mani colti da un fremito che proprio non riuscivo a capire da dove potesse provenire.
D'un tratto lo schermo cominciò a trasmettere le immagini di Domenico Scilipoti, l'onorevole (quanto mi costa qusto aggettivo) che lasciò di punto in bianco l'Idv per creare un movimento politico tutto suo (il Movimento di Responsabilità Nazionale) a sostegno di Berlusconi (ovvero l'opposto politico) per evitare che quest'ultimo rischiasse di trovarsi gambe all'aria, diciamo così. Come sono gentile a volte.
Comunque, le immagini mostravano proprio la conferenza durante la quale venne annunciato il nuovo nato con tanto di amichevole partecipazione del Silvio nazionale.
Ora, non voglio fare il maestrino e raccontarvi tutta la storiella ma girando per la rete vi renderete conto anche voi di come,...ecco...questo avvenimento fu tutto tranne che indice di lealtà politica, amore per la patria, onestà civile e intellettuale. Parere mio, per carità. Ma le cose andarono più o meno così. Fatemi sapere.
Ognuno ha il diritto di pensarla a proprio modo e di agire secondo coscienza, ma sono convinto che l'etica e la credibilità di un uomo (soprattutto se si tratta di un rappresentante politico) debbano essere un biglietto da visitadi intonso e privo di 'ombre' e comportamenti poco chiari. Ripeto, sono una persona semplice, non mi pare di chiedere la luna.
Allora, come oggi, questo era il pensiero che mi pervadeva, tant'è che alla vista di quel siparietto imbarazzante mi uscirono dalla bocca una serie di termini che elencherò in ordine sparso: carità, pena, dignità, libertà, schiavo, soldi, voti, acquisti, culo, tv e credo anche qualche sorella e qualche fratello sparso.
Mentre il mio amico rideva del modo colorito di manifestare il mio dissenso, un silenzio di tomba esplose improvvisamente nel piccolo bar. 
Si, perché il signor Scilipoti era lì, nel pieno dei festeggiamenti con amici e familiari e credo non abbia apprezzato quella dose di schietta sincerità vomitata a voce particolarmente piena.
Che vi devo dire...non sono riuscito a trattenermi.
Ovviamente l'imbarazzo fu particolarmente evidente, per cui finimo velocemente il nostro pasto e uscimmo fuori dal locale preoccupati che la scorta avesse avuto ordini relativi ad un qualche tipo di 'custodia' nei confornti di noi due riottosi.
Niente di tutto ciò.
Nessuno ci considerò, la festa andò avanti proseguendo fino ad oggi e al nostro stato attuale e, soprattutto, alla seguente dischirazione: "Il ritorno in campo di Berlusconi e' un sospiro di sollievo, per un partito che senza di lui ha mostrato  di essere allo sbando e in calo vertiginoso di consensi e, per il Paese che senza il suo carisma e la sua autorevolezza rischia di finire nelle mani del centro sinistra''.
Direttamente dal sito personale del Signor Domenico, non invento nulla.
Ora: il mio amico non verrà trovarmi per un po', in quel bar non ci ho più messo piede, stiamo tutti con le pezze al culo (come dicono a Roma) e la Ventura ha riabilitato la Tommasi in diretta tv...ma la prego onorevole (e sono due)...se proprio deve cambiare canale la prossima volta metta su Sky: trasmettono un sacco di cazzate, è vero, ma almeno basta cambiare canale per non doversene più preoccupare.








lunedì 26 novembre 2012

Il calcio. Alla dignità

Non sono un tifoso verace. Mi definirei un appassionato soft.
Scusate, sto parlando di calcio. Ogni tanto  penso che siano scontate cose che magari oggi non lo sono più, come il bacio della buonanotte, il grazie quando si riceve un gesto gentile o la teglia di pasta al forno la domenica a pranzo dalla nonna.
A mia discolpa però ho la più grande e convincente delle scuse: sono un uomo! E, in quanto tale, ho i miei limiti, che spesso (e per fortuna) sono anche la motivazione più immediata a giustificare mancanze genetiche difficilmente sanabili dalla semplice volontà individuale. Non ci sono riusciti quelli primi di me dopo milioni di anni di evoluzione e ci devo riuscire io? Volete dare a me tutta questa responsabilità? Beh, attaccatevi!
Dicevo del tifoso soft. Fino alla fine degli anni '90 non dico che il calcio fosse la mia ragione di vita, ma diciamo che aveva una bella importanza nelle giornate di un quasi ventenne qualunque. Giocavo parecchio e mi divertivo, per cui anche il seguirlo in tv mi dava parecchia soddisfazione. Crescendo e, soprattutto, abbandonando l'attività agonistica ho perso interesse man mano che passavano gli anni e che nei contratti dei calciatori aumentavano gli zeri in maniera inversamente proporzionale all'attaccamento alla maglia del club per il quale giocavano.
Sarà anche per i fatto che la mia squadra non vinceva nemmeno con un fenomeno ad indossare la maglia numero 9? Mmmmhh...non credo. Anzi, dico di no. Anche se magari ogni tanto una botta di negatività contribuiva a darla anche l'amarezza di certe sconfitte inizialmente impossibili persino su Marte, ma sul campo (e ribadisco 'sul campo') nette come la data del quinto giorno del quinto mese del secondo anno dopo l'anno zero (gli amici bianconeri, e non, hanno capito benissimo).
Il campionato italiano ha attraversato, negli ultimi anni, momenti particolarmente difficili (Calciopoli, calcioscommesse, doping sportivo e amministrativo) alternati ad attimi di puro godimento (il mondiale vinto nel 2006).
Nonostante tutto non si è ancora ripreso: soffre di postumi parecchio pesanti, difficili da smaltire senza una cura importante e, soprattutto, senza una seria volontà di essere pulito, leale e competitivo così come tutti gli appassionati sognano essere il proprio sport preferito.
I problemi sono sempre i soliti: i tifosi violenti, gli stadi vecchi e fatiscenti, gli interessi economici spropositati...e la solita montagna di mancanze strutturali e sociali che ben insediate sono nel modus operandi dell'italiano medio.
Solita solfa a parte, mi chiedo seriamente come si possa permettere la seguente indecenza andata in onda questo fine settimana: lo striscione 'dedicato' dai tifosi del Milan a Gianluca Pessotto e al suo tragico incidente.
Va bene, mettiamo che un manipolo di deficienti possa trovare la cosa divertente e ironica: proprio in quanto deficienti dovrebbero rimanere un caso isolato e ben nascosto al pubblico. Un po' come i moderni sostenitori delle teorie nazi-fasciste, i venditori per aziende multilevel, i favorevoli alle centrali atomiche e i fan di Gigi D'Alessio (quest'ultimi mi scusino: scherzo! Ma era un'occasione troppo ghiotta per non approfittarne)
Ma chi permette a delle persone di far entrare uno striscione del genere in uno dei principali stadi italiani  durante una partita così importante? Chi permette che venga esposto in mondovisione per ben 5 minuti? I giornalisti non ne hanno particolarmente fatto menzione per 'evitare di dare risalto alla vicenda'.
Non riesco a trovarlo divertente, provocatorio, ironico, originale...niente di tutto questo. Datelo ogni tanto un segnale importante, fermatele queste partite. Gridate 'basta'. Non per fermare lo sport, ma per porre fine a questa stupidità dilagante che trova nei posticipi (in questo caso) un risalto oltre ogni misura.
Chi verrà punito per questo e come? C'è una cifra che possa ripagare la dignità di un uomo che ha sofferto di un male terribile e che altra soluzione non ha trovato se non tentare di farla finita? E come lui tante altre persone che non giocano in Serie A, ma vivono la mediocrità della vita lontano da tutto e tutti e soffrono allo stesso modo, e forse più, alla vista di una porcata del genere, come possono essersi sentite?
La smettiamo di essere 'i soliti italiani' e cominciamo a fare sul serio? Gli italiani veri?
Cominciamo a portarci rispetto?
Il rischio? Che al prossimo salto nel vuoto non ci sia una macchina ad attutire la nostra caduta, ma una massa di animali pronti a fare scempio di quel che resta di noi. A prescindere dai colori della nostra maglia.
E dall'esito del nostro estremo tentativo di dire basta.










domenica 25 novembre 2012

Chi dice donna...

Sinceramente m'infastidiscono parecchio giornate come queste. Mi riferisco al classico giorno 'dedicato a...'. Ma com'è possibile?
Mi domando quanto senso abbia ancora dedicare una giornata all'anno ad un singolo problema, ad una categoria, ad un affetto o a qualunque altra cosa vogliate o possiate immaginare. Va bene, mi sforzo di comprendere San Valentino, le feste della mamma e del papà e altre varie ed eventuali, ma lo capisco perché fanno folklore. Sono giornate dedicate a sentimenti semplici, e permettetemi l'aggettivo che non vuole sminuire il sentimento, ma solo intendere un qualcosa di immediato, non precostituito...semplice appunto. Dicevo, capisco (poco, ma ci provo) giornate come queste create più per il movimento popolar/economico che generano che per una reale celebrazione e approfondimento del fatto in sé.
Il mio naso si storce, però, già intorno all'8 di marzo. Perché festeggiare la donna? O meglio, perché festeggiarla quel giorno? Anzi, perché festeggiarla? Cosa c'è da festeggiare? (fatto storico tragicamente avvenuto, a parte).
Oggi ti porto la mimosa e domani ti lascio in un angolo dal quale non uscirai più (in senso metaforico...solo metaforico?) per i mesi successivi? Non siamo in grado di prendercene cura nei restanti 364 giorni dell'anno (bisestili a parte) e abbiamo la presunzione di pensare che un evento   giornaliero e annualmente cadenzato possa cambiare le cose?
In tutti questi anni non è servito a molto. Certo, sicuramente qualche risultato si è ottenuto, non voglio dire il contrario, ma l'evoluzione della figura femminile non è andata di pari passo con lo sviluppo del mondo e dell'uomo in generale. Almeno qui in Italia. Mi correggo: in Italia no di sicuro.
Le donne sono ancora ballerine mezze nude al servizio della disinformazione, sono armi di distrazione di massa, corpi di ballo di burlesque al servizio della classe dirigenziale per appagare appetiti primitivi. Quale donna in Italia ha un ruolo fortemente decisionale per il futuro economico/politico/sociale del paese?
Quelle che dovrebbero rappresentarci a livello istituzionale ringhiano nei salotti televisivi e ballano nei locali alla moda sempre a portata di telecamera. Le più importanti aziende italiane si affidano ancora a vecchi matusa o comunque non prevedono figure femminili di rilievo sul ponte di comando. Lo so che ci sono delle eccezioni: ma questo è il problema, non devono essere delle semplici eccezioni. Bisogna cambiare le cose in modo che non ci si stupisca più dei risultati ottenuti dalla nostra rosa metà.
In tv, in politica, nel mondo del lavoro...siamo capitanati da uomini, spesso vecchi, spesso incompetenti, spesso maschilisti, che non vogliono questa rivoluzione. Perché? Bella domanda. Interessi personali? Forse. Tonnellate di banalità mi passano per la testa
Abbiamo una Hilary Clinton 'de noartri'? Non mi pare, e nemmeno una Sarah Palin (e forse questa è una fortuna, ma era per dire). E quando mai capiterà che uno dei programmi di maggior successo della tv venga presentato da una donna dichiaratamente omosessuale, stile Ellen Degeners? Non sia mai!
Secondo voi esisterà mai una Oprah Winfrey? Permetteranno mai a qualcuno che non sia un Pippo Baudo qualunque di acquisire così tanto (e meritato, soprattutto) potere mediatico?
Attrici brave, capaci, intelligenti? Ecco...non vado avanti. Ci siamo capiti subito.
E oggi mi propinate servizi sul dilagare della violenza ai danni delle donne? Sul fatto che dall'inizio dell'anno sono morte 113 persone per crimini violenti? Quindi? Da oggi in poi cambieranno le cose? Ne riparleremo il prossimo 8 di marzo mi sa.
Cambiare il welfare aiutando la famiglia, favorire il ruolo della donna sul mercato del lavoro e tra le mura domestiche, dare incentivi prima durante e dopo la maternità in modo che le lavoratrici non siano costrette a fermarsi e/o a perdere potere contrattuale e costrette a scegliere tra la famiglia e il lavoro. Favorire l'ascesa di figure femminili ai vertici decisionali dei vari settori fondamentali della vita pubblica e privata del paese.
Questo per fare un esempio.
E poi sradicare l'ignoranza che ancora ci pervade e non punisce a dovere i reati commessi per retaggi medievali ancora presenti in alcuni anfratti del nostro status culturale.
Ecco, questo vorrei che dicessero e facessero. Che dicessimo e che facessimo.
O a vi volete ancora accontentare di un paio di striscioni e di due mimose sul comodino?


venerdì 23 novembre 2012

To Rome...with love.

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Questo sabato, nelle principali piazze di Roma, confluiranno in contemporanea migliaia di persone a manifestare il loro (e il nostro) dissenso nei confronti di questa politica, di questo governo, di questa società che ci ingoia senza nemmeno masticarci, e noi non ce ne rendiamo conto (questo...il vero problema).
Gli episodi di violenza avvenuti durante i recenti cortei mettono in allarme i più. A volte in maniera eccessiva. A volte, invece, con cognizione di causa. 
Roma è una città stupenda. Il sole che splende su Roma è diverso, come diverse sono le cose che vengono illuminate. Sembrano differenti agli occhi di chi guarda la città da lontano e sogna di visitarla al più presto. Provate a chiedere a chi non vive a Roma cosa ne pensa: 'che città stupenda, non vedo l'ora di visitarla/ritornarci'. Poi provate a chiedere a chi ci vive: 'questa città ce l'hanno rovinata, è diventata invivibile. Sporca. Violenta'.
Esatto: violenta. Che non vuole dire, per forza, un posto dove ti menano se cammini per strada e guardi per sbaglio qualcuno (anche se...). Violenta nel senso delle relazioni, delle emozioni, delle cose che ti circondano. E fa male questa violenza. Perché non le appartiene.
Una gestione sconsiderata e inaccettabile dell'Italia, prima, e della Capitale, poi, hanno portato Roma a vivere delle stagioni non propriamente degne della sua e della nostra storia. 
Ho un'idea ben precisa della città in cui vivo: una donna bellissima. Ancora giovane ma con una vita molto intensa alle spalle. Una femmina bionda, con una veste bianca, la pelle liscia e morbida. Fiera e sicura del fatto suo, come solo una donna sa essere, e allo stesso tempo fragile e indifesa come solo una donna può essere. 
Chi ha preso in mano le redini del potere ha violentato questa donna, picchiandola e umiliandola nei modi più beceri e villani che esistano. Non contento l'ha calpestata, trascurata, derisa davanti a tutti. Ne ha ferito il corpo e l'anima. Non l'hanno uccisa perché l'omicidio è reato. E poi può sempre servire: Roma è Roma, la sua storia è anche la storia del mondo. Una sorta di cartolina, di biglietto da visita da colorare ben bene e vendere a chi non può vedere cosa si nasconde sotto il primo strato di colore. 
Le conseguenze? Bah, non lo so: ad esempio i continu pestaggi ai danni di musicisti, studenti, 'alternativi', extracomunitari, donne? La gente per strada si ammazza per un parcheggio. Per una partita. 
Non è un luogo comune. Andate a Campo de' Fiori una sera che una squadra straniera gioca contro una delle due formazioni locali, mettete la maglietta dei supporters ospiti e ditemi che cosa vi succede. Consiglio: chiedere prima ai tifosi del Tottenham, giusto per risparmiarvi due lividi (solo per fare un esempio recente). 
La xenofobia si respira pesantemente come lo smog. Scorie di 'nere' abitudini rimangono e ogni tanto imperversano per le strade, tra le teste. Per le mani. 
Rimanete imbottigliati nel traffico, con macchinoni da X mila euro e gente che con una mano regge il telefono e con l'altra la sigaretta e chi se ne frega se vi stavano per schiacciare a terra e protestate? Occhio...rischiate di prendervele. Come cazzo vi permettete?
Ah, se per caso sono persone del vostro stesso sesso ad attrarvi....non sia mai. Brutti ricchioni, come vi permettete? E sono botte. O minacce. Insulti. Violenza psicologica. E chi non riesce a sopportare...si aggrappa ad una sciarpa per fuggire via da tanto dolore. Vi rendete conto? Una sciarpa. 15 anni.
Che rabbia. 
Ma volete saperla una cosa? La notizia positiva è che non è tutto così: sono quattro stronzi che si comportano in questo modo e gli altri 3/4/5 milioni di ancora più stronzi non fanno niente per impedirlo. 
Beh, si può. Si può fare molto.
Consapevolezza. Questo ci vuole. Per mandare a casa chi ci maltratta. E farla finita. Riprenderci la nostra vita, la nostra gioia, la nostra città...noi. L'Italia. 
Basta l'educazione. Il rispetto. La voglia di cambiare davvero e tornare a vivere. 
A Roma. 
Nel mondo. 
In noi. E con gli altri.






giovedì 22 novembre 2012

Assenze ingiustificate

Devo chiedere scusa. Scusa al mio blog. Si, perché per qualche giorno e più l'ho lasciato da solo. Abbandonato in un angolo. Senza cibo né acqua. E così non va bene.
Ma, a mia discolpa, ho una serie di giustificazioni.
Sono successe molte cose in questo periodo in Italia e nel mondo. Tante. Troppe. Parecchie di queste orribili. Preoccupanti. Violenza e odio in prima pagina. Avrei voluto più volte affrontare questi argomenti, ma ogni volta un episodio peggiore di quello che stavo per affrontare diventava protagonista del momento e mi bloccava.
Allora mi sono messo a leggere. Ho voluto affrontare questo dolore importato da terzi e capire quali possano essere i motivi e, soprattutto, le soluzioni. Ovviamente di motivi ne ho trovati a quintali...di soluzioni...Esistono? Non lo so. Forse. Ma spero di si. Anzi, ne sono convinto. Al cento per cento.
Ed è per questo che ricomincerò a nutrire questo 'amico' che mi permette di comunicare con più persone. E comunicando affronto. E affrontando capisco. E capendo continuo ad aver bisogno di sapere. E comunicare. Insomma, ho bisogno di 'nutrirmi per nutrire e rinutrirmi a mia volta'. Lo so, è un po' complicato. E anche un po' 'faticoso' per me che detesto passare troppo tempo davanti al computer. Mi piace scrivere a mano. Con la penna. Magari con la punta grossa e l'inchiostro tipo gel. E magari spedire il prossimo post con un piccione viaggiatore. Anche se non mi piacciono nemmeno i piccioni. Ho sempre paura si attacchino ai capelli. Tipo i pipistrelli.
I pipistrelli li trasportano i messaggi?
A presto.
Batman

domenica 11 novembre 2012

Sapere di non sapere


Non vedevo il Tg5 da parecchio tempo. Non ho la tv a casa per cui, al massimo, può scapparci un Tg1 ogni tanto, niente di più. Il resto delle informazioni le cerco su internet e, perché no, ancora su qualche quotidiano cartaceo. Sono un romantico.
C'è una cosa che mi ha sempre lasciato perplesso e che pensavo, con il passare degli anni, fosse 'passata di moda' (perdonate l'espressione): le domande a cittadini vittime di calamità naturali.
Certo, è giusto che il giornalista si rechi sul posto del disastro, mostri la situazione, senta alcuni pareri degli abitanti su quanto accaduto. Si tratta del loro lavoro, non possono esimersi dal farlo. Ok.
Ma prendiamo come riferimento questa scena: città di mare, pioggia torrenziale, fiumi di fango per strada, alberi sradicati, case e negozi allagati, gente in lacrime, persone arrampicate sugli alberi per sfuggire a ondate di acqua, fango e detriti. In questi giorni, purtroppo, sono immagini ben presenti nella quotidianità di ognuno di noi. (Sapete, in Italia la prevenzione non è impedire che un disastro accada...è informare la gente il giorno prima che 'forse domani saranno cavoli amari per tutti. Noi ve l'abbiamo detto...')
Ecco...ma puoi, tu giornalista professionista che devi raccontare un fatto drammatico, andare da un povero disgraziato PALESEMENTE disperato poiché ha perso ogni cosa (se non anche amici e/o familiari, in alcuni casi) e chiedere:”Come si sente?”.
Come mi sento? Vuoi proprio sapere come mi sento? Lo so, la banalità di queste domande non deve sorprendere, come non deve sorprendere la ripetitività di certe situazioni. Ma io ci credo davvero che le cose possano cambiare. E ogni volta mi aspetto che il giornalista di turno non sia così stupido e sprovveduto da ricadere in questo patetico e imbarazzante teatrino del 'come si sente'. Invece...Niente da fare.
Ovviamente la risposta a questa domanda non tarda ad arrivare: posso solo immaginare il groviglio di sofferenza di chi si vede strappare via tutto da una forza ingestibile, e pensa all'appello televisivo come una richiesta d'aiuto immediata. Cosa comprensibile. Dal suo punto di vista. 'Ricamarci sopra'...questo no. Vergogna.
Ma andiamo oltre.
Vuoi parlarmi dei 'ggggiovani'? Delle iniziative divertenti come i flash mob? Non mi piacciono, ma va bene. Va benissimo. Parlamene. Spiegami. Perché non informarsi? Vuoi citare un cantante? Una canzone? Un film? Un attore? Un qualsiasi riferimento giovanile protagonista dell'azione al centro del servizio? Perfetto: informati! Sei un giornalista? Allora vai a vedere chi è il tizio di cui vuoi parlare, come si chiama e, soprattutto, come si pronuncia il suo ultimo film o libro o disco (pardon, mp4)! Informati! Non vuol dire che se tu non lo sai devi diffondere il tuo 'non sapere' alle migliaia di persone che ti guardano e ti ascoltano.
Lotto contro i mulini a vento. Lo so. Ma a volte uno sfogo discreto può smuovere, anche se di poco, alcune situazioni.
Ad esempio se un qualche mio amico leggesse questo post, magari la prossima volta non mi verrebbe a parlare di LAIAM Gallagher. Amico mio, non è importante che tu dica Liam o Laiam. Almeno, non lo è la prima o la seconda volta che capita. Non sapere alcune cose è normale. Sono il primo ad ammettere una personale ignoranza su larga scala. Ma sono anche il primo a cercare di colmare questo gap, per quanto mi è possibile. Noi siamo pronti a rimediare. Subito. Leggiamo. Capiamo. E andiamo avanti. E soprattutto...non siamo giornalisti.
Ora però vi lascio.
Mi parte il pomeriggio con Barbara D'Urso.
Ah, ma...con chi hai detto che canta Laiam?

mercoledì 7 novembre 2012

Quando toccherà a noi?


Non credo a chi prevede il futuro.
Che siano intelligentissime popolazioni del passato, comuni mortali 'illuminati' da una luce non chiaramente definibile oppure da oracoli e/o segni premonitori.
Non so esattamente a cosa credere o comunque SE credere. Mi piace immaginare varie occasioni in divenire. Questo si. Aprire un catalogo di ipotetiche possibilità e immaginare che ognuna di queste accada. E magari, perché no? Che si verifichino tutte insieme, una dietro l'altra. Che male c'è nello sperare che più di una cosa vada bene? Anzi, studiosi, professori, libri e 'segreti' di vario genere suggeriscono proprio questo: pensare che le cose non possano andare se non nella direzione a noi più congeniale. Siamo pieni di buoni propositi. Questa è la verità.
Ma non era questo il senso del mio pensiero. Ho nella testa Obama. O meglio, non tanto Obama quanto il mondo 'se non avesse vinto lui'.
Sarebbe stato tanto diverso? Saremmo già in guerra contro Siria, Iran e compagnia islamica?
La popolazione del pianeta sarebbe già triplicata in quanto l'aborto sarebbe diventato reato allo scoccare della mezzanotte? A scuola sarebbe stata inserita stata l'ora di 'omofobia'? Ci staremmo coccolando nel letto con le nostre mogli o, prima di andare a dormire, avremmo finito di lucidare la nuova collezione di armi acquistata per sentirci più sicuri?
Non credo.
Diciamo che non sarebbe stato il migliore dei mondi possibili, questo si. Abbiamo visto sulla nostra pelle cosa vuol dire affidare il proprio paese ad un cafone, arricchito, (falsamente) moralista e corrotto nell'animo dal proprio potere.
Qui le porcate si possono ancora (ancora?) nascondere sotto il tappeto, negli Stati Uniti hanno qualche 'problemino' in più nel far finta che le cose non accadano.
Quelli appena trascorsi stati quattro anni caratterizzati da una guerra che si tiene in piedi da sola e che non pare lontana dal terminare. Da soldati morti in nome di un 'ideale economico'. Da un'economia che ha affondato la società, la persona, l'uomo. L'individuo è stato reso inerme, svuotato , (ulteriormente) schiavo del progresso e del movimento inarrestabile di un processo dentro il quale si ritrova costretto e quasi mai consapevole. E comunque, più di altri suoi pari in natura, maggiormente soggetto alle conseguenze.
La natura assume sembianze umane e la pioggia non soltanto bagna ma uccide.
Possiamo fare tanto e non lo facciamo. Possiamo fare meno e non lo facciamo. Facciamo tutto e il contrario di tutto ma nel modo sbagliato.
Però sono comunque contento.
Perché alla fine la speranza rimane e non ci abbandona. Si rinnova.
Il cibo non è ancora un ammasso di sostanze al gusto di tutto ma dal sapore di niente. I dolci sono ancora dolci e possiamo decidere di sapere, di conoscere. Di vivere.
Sono contento che dall'altra parte del mondo qualcuno la speranza non l'ha ancora persa ma, al contrario, l'abbia rinnovata.
Perché sono convinto che da questa parte di mondo, qualcuno la vuole riconquistare al più presto.

P.s.
Scegliete bene la colonna sonora della vostra vita. La musica è come il cibo: siete ciò che ascoltate.


sabato 3 novembre 2012

Ce l'ho scritto in faccia

Nel mio mondo di frutti canditi vivo nella convinzione che tutte le persone costrette a chiedere l'elemosina per strada lo facciano perché privi di alternativa.
Penso sempre che, da un certo punto in avanti, la loro storia personale abbia avuto un qualche intoppo che ne ha condizionato negativamente il proseguimento, relegandoli ai margini per un tempo variabile (mi auguro) a seconda dell'individuo.
Si tratta di un discorso molto complicato che va al di là del pensiero del singolo e che intreccia vicissitudini molto diverse che non voglio e non posso giudicare.
Una cosa che però mi ha sempre incuriosito sono le storie: se potessi farei a queste persone un sacco di domande, perché molte volte dietro ad un vetro opaco si nasconde un mondo che nemmeno possiamo immaginare.
E poi sono curioso. E sono ancora più curioso quando, pur di raggiungere il loro scopo, alcuni di essi inventano le storie più assurde o improvvisano scenette al limite del  paradosso.
Ad esempio: una volta, sul treno per Lucca, un giovane trentenne ben vestito passava tra i viaggiatori chiedendo un euro. Un euro. Senza spiegazioni.
Il modo in cui lo chiedeva non lasciava trasparire alcun bisogno reale o immediato, anzi; sembrava che poco gli importasse. Dava persino l'impressione che quel suo questuare fosse diventato quasi routine, tanto da nemmeno guardare negli occhi i possibili 'investitori'.
Un passeggero, indignato da cotanta sfrontatezza, lo redarguì duramente, dicendo che non gli avrebbe mai dato nulla e che sarebbe stato meglio per lui trovarsi un lavoro vero.
Senza scomporsi minimamente, continuando ad evitare gli sguardi dei presenti  e mantenendo un tono di voce pacato ma leggermente infastidito, rispose così: 'avido'. Molto semplice. Avido. Avido detto, però, con un marcato accento toscano, quindi con qualche 'a' in più all'inizio della parola e una 'd' più simile al 'th' inglese: 'aaaavitho'. Risi tanto.
Oppure quella volta che la mia dirimpettaia bussò alla porta di casa (e per bussare intendo 'a momenti la sfonda a pugni') per chiedermi 50 euro. Cinquanta euro. Non uno. Non cinque. Cinquanta.
Per cosa? Pare per delle creme (creme?!?!?) che avrebbero 'salvato la vita' a sua figlia. 
Pensate che se non li avessi avuti in casa lei e suo marito mi avrebbero accompagnato in banca con la loro auto affinché potessi agevolmente ritirare il denaro.
Risposi, ovviamente, che non mi sembrava il caso, che nel portafogli avevo 10/15 euro al massimo. Lei mi guardò malissimo, con la faccia di una che andando dal panettiere a comprare quattro rosette si sentisse rispondere 'qui non vendiamo pane ma ciabatte da mare'. Quell'espressione lì. Precisa.
Alla fine, dopo avermi quasi dato del morto di fame per il fatto di tenere in casa solo 15 euro, se le fece andare bene lo stesso. Io gliele diedi (lo so, lo so...per favore non dite nulla...lo so!), con la promessa che, entro qualche giorno, me le avrebbe rese mettendole nella buca delle lettere.
Non mi sono mai state rese, come ben avrete immaginato. Ma io continuo a guardare dentro la cassetta ogni volta che torno a casa. E non lo faccio per i soldi, ma perché, nonostante tutto, io ci credo. Ci credo davvero che vorrebbe rendermele. 
Ecco, appunto. Credici.
Ma il 'the winner is' l'ho incontrato l'altra sera fuori da un tabaccaio del centro. 
Un tizio mi si avvicina guardingo, età sui 45 anni, qualche segno di poca tranquillità emotiva, ma tutto sommato nella norma.
Di seguito la descrizione della tattica con la quale mi ha 'abbordato'. Le parole non sono quelle esatte, ma poco ci manca: un discorso così non potrò scordarlo mai.
'Ciao. Hai visto?' mi dice indicandosi il costato. 'Ieri ho avuto un incidente sai? E mi sono rotto il bacino'. Tutto questo in piedi davanti a me.
'A momenti morivo. Meno male che non sono morto. Meno male vero? Però mi sono rotto l'anca e mi devono operare'. Tutto questo davanti a me, con le mani ai fianchi, lo sguardo rivolto in alto a cercare delle parole adatte alla situazione, e con la bocca a evidenziare una sofferenza che, a parole, avrebbe dovuto essere insopportabile. A parole.
Ah, tutto questo in piedi, con le mani ai fianchi.
'Senti, ho solo 5 centesimi' dice aprendo un portafoglio di finta pelle, color marrone, completamente vuoto, 'e dovrei comprare un pacchetto di sigarette da 10 che costa 2 euro e 15 ma non ce li ho. E poi il proprietario non mi parla. Se entro nel negozio si arrabbia' indicando la porta a vetri con dietro la quale s'intravede il titolare dell'esercizio che, secondo me, nemmeno aveva notato la sua presenza.
'Ma come si arrabbia? Scusa, se vai coi soldi perché dovrebbe arrabbiarsi?' chiedo e intanto sorrido perché non ci posso credere: mi cercano e mi trovano. Sempre.
'Eh, perché si, perché si arrabbia. Mi fa male qui' toccandosi l'anca, 'e stamattina sono morti i miei genitori. Tutti e due. Per cui non posso entrare'.
'Beh, una bella giornata di merda' gli dico io. 'Ah, si. Ma perché?'. Perché, mi chiede.
In tasca ho 2 euro e 20 centesimi. Glieli ho dati.
Ma ho aspettato. Non mi sono mosso. 
Si, perché il mio nuovo amico pensava andassi via. Sono rimasto lì. Ad aspettare. Volevo le comprasse, quelle sigarette. Ti ho dato i soldi per le sigarette...comprale.
'Non so se mi bastano', dice lui. Ma come? '2 euro e 20 centesimi contro i 2 euro e 15 centesimi del pacchetto, dovrebbe persino rimanerti una cospicua mancia'. Così gli dico. Lui non ci crede. O fa finta di non crederci. Forse anche un po' imbarazzato. 
Controlla il portafoglio e farfuglia parole a caso sul fatto che quella mattina i genitori erano morti. Tutti e due. E che il tabaccaio si sarebbe arrabbiato con lui.
Alla fine entra. Rimane cinque minuti (cronometrati) al bancone e, finalmente, esce con il suo pacchetto. Dice che fino a qualche giorno prima aveva lavorato per una cooperativa. Si trovava bene ma dopo 'qualche incomprensione' lo hanno mandato via per assumere altre persone arrivate dopo di lui. 'Così va l'Italia'. Sembrava triste. Mi sembrava sincero. Ci siamo salutati stringendoci la mano e ci siamo avviati in direzioni opposte. 
Lui verso l'ospedale per l'operazione al bacino e io verso casa. 
Anche se ero tentato di tornare dal gestore della tabaccheria e chiedergli perché fosse tanto arrabbiato. 

giovedì 1 novembre 2012

A che ora smònti?


Ci sono film che rimangono nel cuore. Alcuni li ricordi a malapena. Altri ancora, invece, non smetteresti mai di rivederli e conosci tutte le battute a memoria, tanto che le reciti perfettamente uguali ad alta voce e sorridi soddisfatto quando gli amici rimangono stupiti da cotanta devozione cinematografica.
E poi ci sono quei film che raccontano un pezzo della tua vita. Penserete che è ovvio, che in ogni film (come in ogni canzone) uno si può ritrovare o trovare parte di sé: se sei triste e ascolti una canzone triste...'cavolo, ma l'ha scritta apposta per me!'. O se la tua storia d'amore è appena terminata e ti senti perso/a con la convinzione che l'amore non busserà più alla tua porta...beh, una qualsiasi commedia romantica degli ultimi 15 anni te la sentirai perfettamente cucita addosso.
Ma io non parlo di questo genere di produzioni: intendo quei film girati nella tua città, che parlano della tua città, che fanno vedere le strade principali che percorri quotidianamente per andare a lavoro o le scorciatoie per arrivare prima a casa di nonna.
'Ma dai! Io vado sempre a fare colazione in quel bar! E quello lo conosco! Ma pensa te...'. O anche: 'Ma si che mi ricordo! Quel giorno ero all'università e stavano girando quella scena! Li ho visti. Ho persino parlato con l'aiuto camionista addetto al montaggio delle luci'.
Praticamente eravate lì e in alcuni fotogrammi, a guardar bene, vi s'intravede di spalle.
Avete capito? Magari non si tratta di film che hanno sbancato il botteghino, ma di piccoli gioiellini che non si possono comunque dimenticare. 
Ad esempio io sarei impazzito dalla felicità se avessi vissuto a Bologna nel periodo di 'Jack Frusciante è uscito da gruppo'. Non so voi ma sia il libro che il film mi hanno segnato (positivamente) e li ricordo tutt'ora con un'emozione particolare.
Vi dico, ok, non sarò stato a Bologna quando quei ragazzetti innamorati scorrazzavano in motorino tra i colli mentre nei Red Hot si consumava un dramma.
Ma ero a Torino. Ero a Torino durante 'Santa Maradona'. E non aggiungo altro.
Ovviamente se non avete un vostro film, se non hanno mai preso un pezzo della vostra vita e l'hanno usata come sfondo per raccontare una storia che avrebbe tranquillamente potuto essere la vostra, non potete capire. Mi dispiace. Tanto tanto. Davvero, col senno di poi penso che mi mancherebbe un pezzettino di puzzle e ne avrei sentito la mancanza. Peggio per voi. Ecco.
Tanto tempo è passato da quando Bart faceva 'un salto qui e uno in biblioteca'. C'erano ancora le lire (nostalgici...) e le Olimpiadi Invernali non avevano ancora trasformato questa città in un'indebitatissima quanto meravigliosa 'capitale del divenire'. Si perché negli ultimi anni Torino è divenuto il posto dove 'provare' e 'sperimentare'. Cosa? Un po' di tutto: cultura, musica, cibo, cinema, viaggi, tecnologie, sport, politica, tutto.
Ovviamente quella specie di 'schiavitù culturale' imposta dalla fabbrica che, dai primi del '900 , ha plasmato la vita della città è ancora dura a morire. Sarà sicuramente per via della crisi, ma ad oggi non è molto facile trovare lavoro, nonostante la città sia in continuo movimento e questo non può che far ben sperare per il futuro. Diciamo che siamo ancora nella fase 'box doccia', per dirla con una citazione. 
Nel film di Marco Ponti si cominciano a vedere i segni del cambiamento che avrebbe, di lì a poco, cambiato il volto della città. Possiamo dire che è stato una sorta di precursore, ci ha visto lungo, insomma. Infatti, dopo di lui, tantissime sono state le produzioni che hanno scelto Torino e dintorni per raccontare delle storie. Che figata, no?
Stefano Accorsi ha conosciuto la donna della sua vita (al cinema) in via Verdi, dietro l'università, proprio dove c'è il bar nel quale tutte le mattine, prima di andare a lezione, si mangiava la brioche, e dove...-A che ora smònti?. Nel 2006. Ci sarò donna-. Profetico. 
Il locale dove ordinano le pizze che '5 minuti 18 mila'? Ma si...là dietro un mio amico ha aperto un bar.
La città cambia di continuo, ma la sostanza rimane immutata: solo il vestito è differente. Magari della nuova collezione, ma lo stile è indiscutibilmente quello. Non si scappa. 
Adesso che le giornate si sono accorciate, il buio viene combattuto, squarciato dalle Luci d'Artista: colori, forme, e luminarie che non hanno solo la funzione classica per la quale sono inizialmente nate, ma soprattutto quella di 'accompagnare' le persone che la città la vivono anche solo passeggiando. 
Nel film Anita Caprioli era stupenda, e vi assicuro che tanti amici e conoscenti, segretamente, sono ancora convinti che un incontro fortuito con una bellissima ragazza possa sempre capitare. D'altronde non può non succedere qui: siamo a Torino. Oh, ma ci sono persino i turisti!! I turisti!!
Roba da non credere. Girano con le cartine, chiedono informazioni, fanno foto...alieni! Ecco come sono visti! 
Fino a poco prima delle Olimpiadi sentir parlare una lingua che non finisse con l'espressione 'nè' era inconcepibile. Ora le conversazioni in inglese, che si sentono sempre più spesso tra le vie del centro, rendono i torinesi orgogliosi del posto in cui vivono. E se sentite dire cose tipo 'Uff...questi turisti!'. Stanno mentendo. Non è vero che si lamentano. Lo dicono ad alta voce per sentirsi, in qualche modo, importanti.
E la nebbia sui murazzi, con le luci a fare da contrasto è uno spettacolo che non potete perdere. 
Ecco. Ora,  prima di addormentarmi, mi sa che mi guarderò un pezzo di film: magari dove si sentono i  Motel Connection o la scena in cui i due amici vanno in libreria e alla fine si ritrovano con ognuno un 'regalo' per l'altro. Anche se il 'vaffanculo maniaco' mi fa sempre molto ridere, così come l'uomo accappatoio: che ci volete fare se va bene con tutto? 
Lo so, vi starete chiedendo che cavolo di post è questo, che a voi di Torino non frega un granché, voi che magari leggete da Treviso, Bologna, Cosenza o che ne so...
Niente. Ci tenevo a raccontarvi della mia città e di uno dei miei film preferiti. 
'Si, va bene', direte voi. 'Abbiamo capito che Torino blablabla e di qui e di là. L'abbiamo capito. E adesso?'. 
Adesso proviamo a cambiare le cose. 




http://www.youtube.com/watch?v=og0iy4-fjmE