Nel
mio mondo di frutti canditi vivo nella convinzione che tutte le
persone costrette a chiedere l'elemosina per strada lo facciano perché privi di alternativa.
Penso
sempre che, da un certo punto in avanti, la loro storia personale
abbia avuto un qualche intoppo che ne ha condizionato negativamente
il proseguimento, relegandoli ai margini per un tempo variabile (mi auguro)
a seconda dell'individuo.
Si
tratta di un discorso molto complicato che va al di là del pensiero
del singolo e che intreccia vicissitudini molto diverse che non
voglio e non posso giudicare.
Una
cosa che però mi ha sempre incuriosito sono le storie: se potessi
farei a queste persone un sacco di domande, perché molte volte
dietro ad un vetro opaco si nasconde un mondo che nemmeno possiamo
immaginare.
E
poi sono curioso. E sono ancora più curioso quando, pur di
raggiungere il loro scopo, alcuni di essi inventano le storie più
assurde o improvvisano scenette al limite del paradosso.
Ad
esempio: una volta, sul treno per Lucca, un giovane trentenne ben
vestito passava tra i viaggiatori chiedendo un euro. Un euro. Senza
spiegazioni.
Il
modo in cui lo chiedeva non lasciava trasparire alcun bisogno reale o
immediato, anzi; sembrava che poco gli importasse. Dava persino l'impressione che
quel suo questuare fosse diventato quasi routine, tanto da nemmeno guardare negli occhi i possibili 'investitori'.
Un
passeggero, indignato da cotanta sfrontatezza, lo redarguì
duramente, dicendo che non gli avrebbe mai dato nulla e che sarebbe
stato meglio per lui trovarsi un lavoro vero.
Senza
scomporsi minimamente, continuando ad evitare gli sguardi dei presenti e
mantenendo un tono di voce pacato ma leggermente infastidito, rispose
così: 'avido'. Molto semplice. Avido. Avido detto, però, con un marcato
accento toscano, quindi con qualche 'a' in più all'inizio della
parola e una 'd' più simile al 'th' inglese: 'aaaavitho'. Risi
tanto.
Oppure
quella volta che la mia dirimpettaia bussò alla porta di casa (e per
bussare intendo 'a momenti la sfonda a pugni') per chiedermi 50 euro.
Cinquanta euro. Non uno. Non cinque. Cinquanta.
Per
cosa? Pare per delle creme (creme?!?!?) che avrebbero 'salvato la vita' a sua figlia.
Pensate che se non li avessi avuti in casa lei e suo marito mi
avrebbero accompagnato in banca con la loro auto affinché potessi
agevolmente ritirare il denaro.
Risposi, ovviamente, che non mi
sembrava il caso, che nel portafogli avevo 10/15 euro al massimo. Lei mi
guardò malissimo, con la faccia di una che andando dal panettiere a
comprare quattro rosette si sentisse rispondere 'qui non vendiamo
pane ma ciabatte da mare'. Quell'espressione lì. Precisa.
Alla
fine, dopo avermi quasi dato del morto di fame per il fatto di tenere in casa solo
15 euro, se le fece andare bene lo stesso. Io gliele diedi (lo so, lo
so...per favore non dite nulla...lo so!), con la promessa che, entro
qualche giorno, me le avrebbe rese mettendole nella buca delle
lettere.
Non mi sono mai state rese, come ben avrete immaginato. Ma io continuo a
guardare dentro la cassetta ogni volta che torno a casa. E non lo
faccio per i soldi, ma perché, nonostante tutto, io ci credo. Ci
credo davvero che vorrebbe rendermele.
Ecco, appunto. Credici.
Ma
il 'the winner is' l'ho incontrato l'altra sera fuori da un tabaccaio
del centro.
Un tizio mi si avvicina guardingo, età sui 45 anni, qualche segno di
poca tranquillità emotiva, ma tutto sommato nella norma.
Di
seguito la descrizione della tattica con la quale mi ha 'abbordato'.
Le parole non sono quelle esatte, ma poco ci manca: un discorso così
non potrò scordarlo mai.
'Ciao.
Hai visto?' mi dice indicandosi il costato. 'Ieri ho avuto un
incidente sai? E mi sono rotto il bacino'. Tutto questo in piedi
davanti a me.
'A
momenti morivo. Meno male che non sono morto. Meno male vero? Però
mi sono rotto l'anca e mi devono operare'. Tutto questo davanti a me,
con le mani ai fianchi, lo sguardo rivolto in alto a cercare delle
parole adatte alla situazione, e con la bocca a evidenziare una
sofferenza che, a parole, avrebbe dovuto essere insopportabile. A parole.
Ah, tutto questo in
piedi, con le mani ai fianchi.
'Senti,
ho solo 5 centesimi' dice aprendo un portafoglio di finta
pelle, color marrone, completamente vuoto, 'e dovrei comprare un
pacchetto di sigarette da 10 che costa 2 euro e 15 ma non ce li ho. E
poi il proprietario non mi parla. Se entro nel negozio si arrabbia'
indicando la porta a vetri con dietro la quale s'intravede il titolare dell'esercizio che,
secondo me, nemmeno aveva notato la sua presenza.
'Ma
come si arrabbia? Scusa, se vai coi soldi perché dovrebbe
arrabbiarsi?' chiedo e intanto sorrido perché non ci posso credere:
mi cercano e mi trovano. Sempre.
'Eh,
perché si, perché si arrabbia. Mi fa male qui' toccandosi l'anca,
'e stamattina sono morti i miei genitori. Tutti e due. Per cui non
posso entrare'.
'Beh,
una bella giornata di merda' gli dico io. 'Ah, si. Ma perché?'.
Perché, mi chiede.
In
tasca ho 2 euro e 20 centesimi. Glieli ho dati.
Ma
ho aspettato. Non mi sono mosso.
Si, perché il mio nuovo amico pensava andassi via. Sono
rimasto lì. Ad aspettare. Volevo le comprasse, quelle sigarette. Ti
ho dato i soldi per le sigarette...comprale.
'Non
so se mi bastano', dice lui. Ma come? '2 euro e 20 centesimi contro i
2 euro e 15 centesimi del pacchetto, dovrebbe persino rimanerti una
cospicua mancia'. Così gli dico. Lui non ci crede. O fa finta di non crederci. Forse anche un po' imbarazzato.
Controlla il
portafoglio e farfuglia parole a caso sul fatto che quella mattina i
genitori erano morti. Tutti e due. E che il tabaccaio si sarebbe
arrabbiato con lui.
Alla
fine entra. Rimane cinque minuti (cronometrati) al bancone e,
finalmente, esce con il suo pacchetto. Dice che fino a qualche giorno
prima aveva lavorato per una cooperativa. Si trovava bene ma dopo
'qualche incomprensione' lo hanno mandato via per assumere altre
persone arrivate dopo di lui. 'Così va l'Italia'. Sembrava triste. Mi sembrava sincero.
Ci siamo salutati stringendoci la mano e ci siamo avviati in
direzioni opposte.
Lui
verso l'ospedale per l'operazione al bacino e io verso casa.
Anche se ero tentato di tornare dal gestore della tabaccheria e chiedergli perché fosse tanto arrabbiato.
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